il manifesto 31.5.18
Cézanne 1907, quella pittura è una muraglia
"Paul
Cézanne e Rainer Maria Rilke. Quadri da un'esposizione", Jaca Book.
Bettina Kaufmann ha trovato traccia certa di 42 delle 56 opere del
maestro di Aix esposte nella storica mostra tenutasi nel 1907, l'anno
dopo la sua morte, al Grand Palais: visitatore folgorato Rilke, che ne
riferì. Vi si rivelò uno sguardo totale, «un morire per rinascere alla
realtà» (André Pératé). Anche il Cézanne ultimo era molto ben
rappresentato
di Giuseppe Frangi
Il Salon
d’automne in quel 1907 aprì il primo ottobre. Era alla quinta edizione e
per il successo ottenuto era stato trasferito dagli spazi un po’
angusti dei piani bassi del Petit Palais a quelli immensi del Grand
Palais. Quell’anno il manifesto annunciava quattro personali: Berthe
Morisot, Eva Gonzales, Jean-Baptiste Carpeaux e Paul Cézanne, morto
proprio nell’ottobre dell’anno prima. Il Salon, inventato da Frantz
Jourdain, architetto e critico di origine belga, prevedeva sempre la
pubblicazione di un piccolo catalogo, con la lista puntuale delle opere
esposte. Nel caso di Cézanne ci rivela che erano 56, elencate a blocchi
per collezionisti prestatori, con il solo titolo e senza misure.
Stranamente di quell’edizione del Salon non si conoscono fotografie,
così le sale di Cézanne sono rimaste sempre un po’ in un cono d’ombra,
nonostante si fosse trattato della sua prima grande personale e di una
delle mostre-cardine del secolo passato.
Ci sono voluti 110 anni
per scoprire quali quadri fossero appesi negli spazi del Grand Palais.
Merito del lavoro di Bettina Kaufmann, co-curatrice del Cézanne Online
Catalogue Raisonné, che sulle 56 opere esposte ha trovato traccia certa
di 42, mentre altre 14 non hanno potuto essere identificate
univocamente, per via della genericità dei titoli e dei numerosi
passaggi di mercato. Comunque siamo nell’altamente probabile. Così la
sfilata di immagini nel volume ora pubblicato a conclusione del lavoro –
Paul Cézanne e Rainer Maria Rilke Quadri da un’esposizione (Jaca Book,
pp. 144, 56 tavv. col., euro 50 ,00) – restituiscono bene la fisionomia
di quella mostra-evento che ha segnato come poche altre la storia
dell’arte del secolo scorso. Si scopre che lo sguardo su Cézanne era già
uno sguardo totale, con notevole attenzione anche alle opere
dell’ultimo periodo dello scontroso maestro di Aix: in particolare
Ambroise Vollard aveva intercettato due ritratti del Jardinier Vallier,
quasi ancora freschi di pittura. Il figlio Paul aveva prestato una serie
di sette meravigliosi acquerelli, tra i quali un capolavoro del 1906,
La Bouteille de Cognac. Tra i prestatori c’era anche un italiano, Egisto
Fabbri, il mercate fiorentino che nella sua collezione aveva decine di
opere di Cézanne, tra le quali Madame Cézanne à la jupe rayée, oggi al
museo di Boston. Fuori catalogo, ma documentato dalle cronache, arrivò
anche una 57esima opera, che Claude Monet volle prestare in omaggio al
grande collega da poco scomparso: è un quadro del 1867, una figura di
uomo nero di spalle, Le Négre Scipion. Un quadro strano se pensato in
rapporto agli interessi di Monet, ma che documenta un approccio a
Cézanne come artista totale e non come semplice compagno nell’avventura
dell’Impressionismo e di ciò che ne derivò.
Com’è noto la mostra
fu teatro delle visite compulsive di Rilke che in quegli anni era a
Parigi e che tra il 6 e il 24 ottobre raccontò, in una sequenza quasi
quotidiana di lettere alla moglie Clara, la propria folgorazione davanti
alle opere di Cézanne. Nel volume di Jaca Book le lettere sono
presentate nella selezione curata da Clara Rilke in occasione della
prima pubblicazione del 1952, con l’aggiunta di due lettere «cézanniane»
inviate dal poeta alla pittrice tedesca Paula Modershon-Becker, sempre
nel 1907. Scrive Rilke che «Cézanne è stato un evento che quasi tutti
erano impazienti di ammirare, i pittori in particolare non vedevano
l’ora».
Che si fosse trattato di una mostra terremotante lo
conferma la circostanziata e a suo modo straordinaria stroncatura
firmata da André Pératé per la «Gazette des Beaux-Arts». È una
recensione che testimonia come il contraccolpo del disvelamento di
Cézanne avesse causato un profondo e quasi drammatico malessere in tanti
osservatori. «Le vecchie abitudini classiche o romantiche – scrisse
Pératé –, il nostro idealismo, per quel poco che sussiste, il nostro
desiderio di stile e di sentimento, tutto è travolto, violentato da
questo pittore brutale, da questo pazzo». Cézanne «uccide il mio
innocente Corot, svela le bugie di Délacroix», scrisse quasi impaurito
il critico francese, davanti a quella pittura che sembrava come «una
muraglia», «una realtà» davanti alla quale «tutto il resto, alla prova,
sembra come un decoro». Cézanne è un barbaro, metà operaio e metà
trappista, per il quale la pittura è «un morire per rinascere alla
realtà» (il corsivo è di Pératé).
Lo sguardo di Rilke è più
contiguo di quanto non sembri a quello di Pératé. Anche lui, come scrive
Franco Rella nel saggio sulle lettere del poeta contenuto nel libro,
«avverte una vertiginosa concentrazione», perché nella pittura di
Cézanne c’è «tutta la realtà». Rilke arriva in mostra avendo già avuto
più di un approccio con Cézanne, prima da Cassirer, in Germania, e poi
alla galleria Bernheim-Jeune a Parigi, nel 1906, in occasione di una
mostra di suoi acquerelli. Il 7 ottobre, durante la visita quotidiana al
Salon, aveva incontrato anche Julius Meier-Graefe, lo storico dell’arte
che aveva fatto conoscere l’impressionismo in Germania e di cui aveva
anche apprezzato un libro su quella stagione pittorica. Inoltre Rilke
aveva compulsato i ricordi e le lettere che Émile Bernard aveva
pubblicato nei suoi Souvenirs sur Cézanne, riproposti dal «Mercure de
France» in occasione del Salon. Quello di Rilke è dunque un approccio
strutturato e consapevole, che gli permette di scavare dentro la pittura
e di cogliere delle dinamiche rivelatrici. Scrive ad esempio: «È come
se ogni punto sapesse di tutti gli altri. Tanta è la sua partecipazione;
tanto si combinano in lui adattamento e rifiuto». Il suo è uno sguardo
ravvicinato, che si tiene alla larga da un’interpretazione letteraria. È
un approccio che trova un rimando in una pagina sinteticamente
straordinaria dei Pensieri Verticali di Morton Feldman (una lettura di
cui sono debitore a Lea Vergine), che spiega come Cézanne abbia
costituito un nuovo inizio per la pittura: «Cézanne ci ha dato la
“pittura per la pittura”, ma ci ha dato anche l’ultima grande
rivelazione sulla natura. Questo è ciò che rende il suo approccio
“analitico” così straordinariamente commovente. Per Cézanne il mezzo è
diventato l’ideale».