il manifesto 30.6.18
L’Europa finge di essere unita. Vincono i paesi di «Visegrad»
Consiglio
europeo. Apertura di centri di controllo e redistribuzione dei
rifugiati solo su «base volontaria». Nel documento finale si stabilisce
la creazione di «centri di controllo», per distinguere - in fretta - tra
«rifugiati». L’unica «vittoria» italiana è limitata alla «messa in
riga» delle ong. Ok agli accordi bilaterali con la Germania di Grecia e
Spagna sui «movimenti secondari» e «migranti economici», da espellere su
due piedi.
di Anna Maria Merlo
«Controllo
veramente effettivo alle frontiere esterne»; «impedire che si
riproducano i flussi incontrollati come nel 2015»; «controllare di più
l’immigrazione illegale»; «tutte le navi che operano nel Mediterraneo»
devono «rispettare le leggi applicabili e non ostruire le operazioni
della guardia costiera libica»; «evitare che si aprano nuove strade
marittime o terrestri» di immigrazione; «assicurare ritorni rapidi»
verso i paesi d’origine: i termini sono duri e senza ambiguità.
L’EUROPA
SI CHIUDE. Non prende impegni su una migliore accoglienza dei
rifugiati. Ma salva l’«approccio globale» al problema e promette che le
«azioni esterne» («accresciute») e quelle «interne» avverranno
«conformemente ai nostri principi e valori». Il Consiglio europeo,
fagocitato dalla questione dei migranti messa sul tavolo dall’Italia a
cui si sono aggregati tutti i governi dove è presente l’estrema destra,
si è concluso con un compromesso che è un patchwork delle posizioni
nazionali, dove ognuno può trovare degli elementi di «vittoria».
Gli
europeisti, che giocavano in difesa, salvano i «principi»: Macron,
Merkel e Sanchez riescono nell’esercizio bizantino di difendere i valori
europei, senza però accollarsi il fardello che l’Italia avrebbe voluto
scaricare. Poi, i capi di stato e di governo della Ue, che propongono
soltanto soluzioni su «base volontaria» (piegandosi al diktat del gruppo
di Visegrad), si affidano al vecchio adagio: l’intendance suivra, i
mezzi si adatteranno costi quel che costi alle decisioni politiche.
Sperando che la febbre cali, visto che la «crisi» non è momentanea ma è
stata gonfiata ad hoc dai populisti, Italia in testa: il comunicato
finale ricorda che i flussi sono calati del 95% dal momento più
difficile, nell’ottobre del 2015.
CI SONO VOLUTE NOVE ORE di
discussioni, fino alle 4 e mezza del mattino di venerdì, per completare
questo capolavoro di diplomazia. La riforma dei regolamenti di Dublino
III è rimandata, ci sarà un rapporto il prossimo ottobre. Angela
Merkel, che era arrivata a Bruxelles indebolita, torna a casa con una
vittoria: la Spagna e la Grecia (Tsipras ha teso la mano, senza rancore)
accettano accordi bilaterali con la Germania, per riprendersi i
migranti dei «movimenti secondari».
I commenti sono tutti pro
domo. Per Giuseppe Conte, «l’Italia non è più sola» (anche se, aggiunge
«poteva andare meglio»). Angela Merkel ammette che c’è «ancora molto da
fare per riavvicinare i diversi punti di vista», ma vede «un buon
segnale». Per Emmanuel Macron, che fa l’equilibrista tra «principi»
(aperti) e «azione» (chiusa) «molti hanno predetto il trionfo di
soluzioni nazionali, ma è la cooperazione europea che ha vinto».
PER
IL PRESIDENTE del Consiglio Ue, Donald Tusk, il testo di conclusioni ha
evitato di dare «un numero crescente di argomenti ai movimenti
populisti e antieuropei». Al prezzo di aver ceduto loro nella sostanza?
Lo pensa il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki: «l’Europa ha
adottato le posizioni del gruppo di Visegrad».
L’Austria, che dal
1° luglio prende la presidenza semestrale del Consiglio Ue, va avanti:
«saremo in grado di far diminuire il numero di persone che arrivano in
Europa solo quando faremo in modo che le persone soccorse in mare non
siano portate sul territorio della Ue«, ha precisato il primo ministro
Sebastien Kurz, soddisfatto che ci sia un’intesa che «permetta di
distruggere il modello economico dei passeurs».
Il documento
finale stabilisce che nella Ue dovranno essere creati dei «centri di
controllo», per fare una cernita «il più in fretta possibile», tra
«rifugiati» e «migranti economici», da espellere su due piedi. Ma
saranno aperti «su base volontaria». Dove? Logicamente nei paesi di
primo sbarco, Spagna, Grecia e Italia, che non ne vuole sapere.
LA
FRANCIA NON È UN PAESE di primo arrivo, ha sottolineato Macron, quindi
non avrà «centri», ma dovrebbe fare la sua parte per la spartizione dei
rifugiati tra i paesi «volonterosi». I paesi di Visegrad al massimo
pagheranno un pochino per evitare di dover accogliere. L’Italia incassa
un rifiuto della richiesta di redistribuzione obbligatoria.
La Ue
prenderà «tutte le misure legislative e amministrative» per evitare i
«movimenti secondari», come chiesto in particolare dalla Germania ma
anche dalla Francia, in vista della riforma di Dublino, che resta nel
vago, ma che sarà fatta, assicurano i 28, «sulla base dell’equilibrio
tra responsabilità e solidarietà».
L’OBIETTIVO DELLA UE è la
creazione di «piattaforme di sbarco» al di fuori dei confini, in Africa
in particolare (l’ipotesi di aprirle nei Balcani, Kosovo e Albania, come
proposto da Danimarca e Austria sembra tramontata).
Anche l’Alto
Commissariato ai Rifugiati dell’Onu ormai cede alle «piattaforme di
sbarco» per cercare di evitare il naufragio generalizzato del diritto
d’asilo nel mondo. L’Alto Commissariato e l’Oim (organizzazione
internazionale delle migrazioni) la vigilia del Consiglio avevano
inviato una lettera a Mrs. Pesc Federica Mogherini, ai presidenti
Jean-Claude Juncker (Commissione) e Donald Tusk (Consiglio) per invitare
i paesi del Mediterraneo a «riunirsi», per una «responsabilità
condivisa» sulle migrazioni (già mille morti quest’anno).
MA
TUNISIA E MAROCCO hanno già rifiutato di accogliere delle «piattaforme»;
dalla Libia il generale Haftar tuona «nessuna presenza straniera con la
scusa dei migranti». Macron ammette: «non è la panacea» e indica «una
cooperazione con la Libia», che suscita «un’inquietudine insormontabile»
all’Oim.
PER COMPLETARE, c’è una messa in riga delle ong, la sola
vera vittoria italiana, assieme a un timido Fondo Africa aumentato di
500 milioni (c’è anche il via libera alla seconda tranche da versare
alla Turchia in base all’accordo del 2016). La Cimade, organizzazione
storica di aiuto ai rifugiati, commenta: la Ue ha scelto una politica di
esternalizzazione dell’asilo e di controllo delle frontiere.