Il Fatto 30.6.18
Migranti: non cambia nulla. L’Europa rimbalza l’Italia
Accordo
senza vincoli - Dopo la notte insonne a trattare, i 28 hanno mostrato
soddisfazione soprattutto per l’unanimità espressa nella dichiarazione
finale
di Giampiero Gramaglia
Hanno tutti
partecipato allo stesso Vertice e hanno tutti sottoscritto gli stessi
accordi, sui migranti, i dazi, la difesa, il rinnovo delle sanzioni alla
Russia, la Brexit, il completamento dell’Unione bancaria e monetaria.
Sono tutti soddisfatti, ma dicono tutti cose diverse: la scena non è
inusuale, dopo un appuntamento multilaterale, ma questa volta l’effetto è
particolarmente disorientante.
E il presidente del Consiglio
Giuseppe Conte passa dall’euforia dell’alba alla circospezione del
pomeriggio: ha bloccato per alcune ore le conclusioni, innocue, sulla
politica commerciale e sull’Europa della Difesa, ha trattato spalla a
spalla con il presidente francese Emmanuel Macron sui migranti, afferma a
caldo che “l’Italia non è più sola”, ma poi ammette: “Avrei cambiato
qualcosa nelle conclusioni del Vertice”. L’Italia avrebbe ottenuto
Tripoli come “porto sicuro” e una definizione dell’area di competenza
dei libici. Di solidarietà concreta, non solo a parole, ne ha raccolta
ben poca. Il minimo comune denominatore di tutte le dichiarazioni è la
soddisfazione per avere raggiunto un’intesa unanime, che pareva alla
vigilia improbabile e che evita la deflagrazione dell’Unione. Ma è
un’intesa fragile, dove la parola ‘volontario’ torna quattro volte: il
prezzo pagato per l’unanimità è un documento – l’intesa sui migranti, il
piatto forte di questo Summit – che accontenta tutti solo perché lascia
ognuno libero di leggerci quello che gli preme e, soprattutto, di fare
quel che gli pare.
L’accordo sui migranti è stato annunciato dal
presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, dopo un negoziato durato
13 ore e mezzo. Le altre conclusioni sono state pubblicate nella
giornata di ieri, al termine dei lavori: c’è pure l’estensione per sei
mesi delle sanzioni economiche contro la Russia (ma l’Italia non era
contraria?). Nelle decisioni sui migranti, si parla di ‘reinsediamenti
volontari’ e di ‘base volontaria’ per l’apertura di centri negli Stati
membri dove selezionare i rifugiati, da accogliere, e i migranti
economici, che vanno invece rimandati nel Paese d’origine. Per il resto,
la riforma del regolamento di Dublino s’allontana, mentre ci sono i
soldi per il patto con la Turchia e per dare una mano all’Africa. Per
Macron, i centri di accoglienza sorvegliati vanno fatti “nei Paesi di
primo ingresso” (la Francia non lo è) e il porto di approdo deve essere
quello sicuro più vicino, cioè uno italiano. Il premier belga Charles
Michel conferma che resta “la responsabilità dei Paesi di primo
ingresso”. Il capo del governo spagnolo Pedro Sanchez dichiara: “I nuovi
centri in Spagna? Li abbiamo già”, lanciando l’allarme perché i centri
di accoglienza sullo stretto di Gibilterra sono al collasso. Il premier
greco Alexis Tsipras, invece, non è contrario ad aprirne nelle isole
dell’Egeo. Tutti li vorrebbero fuori dall’Unione. Ma bisogna convincere
ad accoglierli Paesi terzi. La Tunisia fa sapere che collaborerà ai
salvataggi, ma – dice – “da noi nessun centro di accoglienza”. L’ipotesi
Albania e Kosovo va negoziata e ‘comprata’, anche in termini di
concessioni sulla via dell’adesione all’Ue dei due Paesi balcanici.
“Un
buon segnale per l’Europa”, afferma la cancelliera tedesca Angela
Merkel che, però, ci vede soprattutto un buon segnale per la
sopravvivenza del suo governo. L’Austria, che dal 1° luglio avrà la
presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, ha pronto un suo piano per
dare una stretta a flussi e asilo.