il manifesto 30.6.18
La marcia delle donne: tra le 600 fermate c’è anche Susan Sarandon
Protesta
contro le politiche sull'immigrazione di Donald Trump. Lo slogan
scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico
rivolto a Melania Trump che la settimana scorsa era andata a visitare
uno dei centri dove sono detenuti i bambini, indossando una giacca dove
sulla schiena campeggiava la scritta «A me davvero non importa, e a te?»
di Marina Catucci
NEW
YORK Centinaia di persone, per lo più donne, sono state fermate e
fermate – eppure per un breve tempo – a Washington, durante una
manifestazione organizzata dalla Women’s March, presso la sede del
Senato. Il motivo della protesta è la linea della politica di Trump
sull’immigrazione, che fino a ora ha creato un enorme problema di
controversie legali e la separazione al confine con il Messico, di oltre
2mila bambini, figli di immigrati illegali, dai propri genitori.
GLI
ARRESTI sono avvenuti a Capitol Hill, sede del Congresso, dove l’atrio
del senato è stato invaso da centinaia di manifestanti che si sono
seduti per terra alzando il pugno chiuso.
Molte donne avevano
portato i fogli di alluminio che vengono dati agli immigrati, sia
bambini sia adulti, quando vengono portati nelle strutture di detenzione
alla frontiera degli Usa. Lo slogan scandito più volte è stato «I
care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump che la
settimana scorsa era andata a visitare uno dei centri dove sono detenuti
i bambini, indossando una giacca dove sulla schiena campeggiava la
scritta «A me davvero non importa, e a te?».
LA MANIFESTAZIONE è
partita vicino al dipartimento di giustizia, con un breve comizio,
durante il quale gli oratori hanno condiviso con i sostenitori le
esperienze avute al confine con gli immigrati arrestati. Prima della
marcia, i manifestanti si sono divisi in quattro gruppi per rivedere le
procedure da mettere in pratica in caso di arresto. In molti erano scesi
in piazza proprio con lo scopo di farsi arrestare per manifestazione
non autorizzata, tattica di protesta non violenta, questa, comune negli
Stati uniti, utilizzata per far clamore ed entrare nei notiziari tramite
la disobbedienza civile e dare visibilità ai contenuti della protesta. A
dare solidarietà e partecipare alla manifestazione sono arrivati anche
senatori democratici, come Ed Markey del Massachusetts, Mazie Hirono
delle Hawaii, Kirsten Gillibrand di New York e Richard Blumenthal del
Connecticut; Tammy Duckworth, senatrice dell’Illinois, ha partecipato
alla protesta sulla sua sedia a rotelle con la figlia sulle ginocchia.
Tra gli arrestati è finita anche la rappresentante alla camera per lo
Stato di Washington, Pramila Jayapal.
IL NOME che ha fatto più
clamore è stato quello dell’attrice 71enne Susan Sarandon, anche lei tra
le quasi 600 persone arrestate. Sarandon è un’attivista che non è nuova
alle manifestazioni e agli arresti, non è la prima volta che si esprime
contro Trump, l’aveva fatto anche subito dopo la sua elezione; a quel
tempo, però, aveva ricevuto molte critiche, perché accusata di far parte
di quella frangia di liberal inflessibili che per alcuni hanno
contribuito a disperdere i voti. L’attrice, infatti, sostenitrice del
socialista Bernie Sanders, non aveva gradito la candidatura di Hillary
Clinton voluta dal partito, e aveva appoggiato la candidatura di Jill
Stein, leader del Partito dei Verdi.
ORA CON L’HASHTAG
#WomenDisobey si stanno organizzando altre manifestazioni di resistenza
alle politiche di Trump che. Le donne e chi aderirà alle loro
protestenon si limiteranno a sfilare nei cortei, ma verranno organizzati
più eventi destabilizzanti di disobbedienza civile. Mari Cordes,
candidata alla Camera del Vermont, anche lei tra le arrestate, dopo il
rilascio ha dichiarato «Il nostro è stato un arresto da privilegiati.
Non protestare da parte nostra, sarebbe colpevole».