venerdì 29 giugno 2018

il manifesto 29.6.18
La volenterosa Merkel tenta di evitare il disastro
Europa. La Cancelliera può ancora contare sulle buone prestazioni economiche della Germania, ma ogni rallentamento, che con il ritorno del protezionismo oltreatlantico e l’indebolirsi dell’Unione non è affatto improbabile, risulterà fatale. Di errori il “modello tedesco” ne ha commessi non pochi. Il suo catechismo economico ha creato malcontento all’interno e all’esterno, e in un certo senso ha nutrito quella diffidenza e quel rancore nei confronti degli “scrocconi” che avrebbero voluto approfittare della ricchezza tedesca
di Marco Bascetta


Tutto è dissolto nelle tenebre di una crisi inesistente. Brexit, la guerra commerciale di Donald Trump, l’Iran, le sanzioni contro la Russia. I temi giganteschi che l’Europa si troverebbe ad affrontare impallidiscono tutti di fronte all’emergenza immaginaria di un flusso migratorio dai numeri oggi decisamente modesti. Nulla a che vedere con il picco drammatico del 2015. Ma la questione dei migranti si è rivelata da tempo un efficace grimaldello.
Un grimaldello per scardinare gli equilibri politici interni ai diversi paesi dell’Unione a favore delle formazioni di una destra sempre più radicale, sfacciata e sicura di sé. Non è un caso che i protagonisti indiscussi del dibattito politico in Europa siano, per il momento in Italia, Austria e Germania, i ministri degli interni.
Ed è a Berlino che Horst Seehofer, già governatore bavarese e attuale ministro degli interni ha puntato tutte le sue carte sul respingimento dei migranti per minacciare la storica alleanza Cdu-Csu e la conseguente crisi di governo. Se a muoverlo sono le imminenti elezioni nel Libero stato di Baviera, cattolico e conservatore, nelle quali la Csu teme un’emorragia di voti a vantaggio di Afd certo è che il su affondo piacerà all’insieme della destra democristiana che vuole farla finita con la politica “socialdemocratica” di Angela Merkel.
La cancelliera drammatizza il passaggio in corso dichiarando che sulla questione dei migranti si gioca il destino d’Europa e la credibilità dei suoi valori. Che peraltro, nella loro astrattezza, non godono oggi di gran buona salute. Nella sostanza si punta al minimo denominatore comune di una blindatura delle frontiere esterne dell’Unione e di una cooperazione, piuttosto campata in aria, con i paesi di provenienza e di transito dei migranti, per la quale si prevedono pochi spiccioli e improbabili controlli “umanitari”. Costretta a giocare al ribasso, la Cancelliera, cerca tuttavia di scongiurare il peggio, non tanto per quanto riguarda la condizione dei migranti quanto per ciò che concerne la tenuta dell’Unione. Se ciascuno affronta la questione per conto proprio, e magari ai danni di qualche altro partner europeo, a quest’ultima non resterà che esalare l’ultimo respiro: frontiere chiuse, regole nazionali in reciproco conflitto, fine di ogni concertazione. Merkel sa bene che se questo accade sulla questione dei flussi migratori extracomunitari gli stessi dispositivi si applicheranno ben presto a quelli intracomunitari e poi a tutto il resto.
Ed è precisamente questo prosciugarsi della dimensione comunitaria a favore delle sovranità nazionali l’esito al quale i nazionalismi montanti nel Vecchio continente mirano con determinazione, servendosi, appunto, della paura dello straniero che hanno saputo così efficacemente fomentare . Senza troppo preoccuparsi del nanismo geopolitico ed economico al quale la frantumazione dell’Unione condannerà i singoli stati nazionali. La partita di Angela Merkel contro questa prospettiva si svolge sotto i peggiori auspici. Non esiste più in Europa né una sinistra in grado di preoccupare l’elettorato conservatore aggredendo diseguaglianze e privilegi con cui competere, né una sinistra sopravvissuta alla conversione liberista abbastanza solida da farle da sponda contro la radicalizzazione nazionalista in corso.
La Cancelliera può ancora contare sulle buone prestazioni economiche della Germania, ma ogni rallentamento, che con il ritorno del protezionismo oltreatlantico e l’indebolirsi dell’Unione non è affatto improbabile, risulterà fatale. Di errori il “modello tedesco” ne ha commessi non pochi. Il suo catechismo economico ha creato malcontento all’interno e all’esterno, e in un certo senso ha nutrito quella diffidenza e quel rancore nei confronti degli “scrocconi” che avrebbero voluto approfittare della ricchezza tedesca. Non bisogna dimenticare che è proprio da questo stato d’animo che Alternative fuer Deutschland ha mosso i primi passi verso la radicalizzazione xenofoba e nazionalista. Fino ad oggi Angela Merkel è riuscita a frenare questa deriva, poco concedendole. Ma il prezzo si fa sempre più alto e la tenuta del consenso di cui ha goduto per lunghi anni scricchiola paurosamente.