mercoledì 27 giugno 2018

il manifesto 27.6.18
Sei mesi per blindare i confini. Vienna si prepara a guidare l’Europa
Arrestiamo umani. Dal primo luglio l'Austria sarà presidente di turno dell'Ue
di Carlo Lania


Ha più volte assicurato che vuole fare da pontiere tra gli Stati occidentali e i Paesi di Visegrad, ma è attraverso quel ponte che le politiche sovraniste rischiano oggi di passare e di invadere l’Europa.
Tra pochi giorni, dal primo luglio, il trentunenne cancelliere austriaco Sebastian Kurz sarà il presidente di turno dell’Unione europea e per i prossimi sei mesi spetterà a lui indirizzare le politiche comunitarie mediando tra 28 capi di stato e di governo mai così divisi come oggi. E al contrario della sbiadita presidenza bulgara, c’è da scommettere che il giovane democristiano che governa l’Austria a capo di una coalizione che comprende l’estrema destra del Fpö di Heinz-Christian Strache, farà parlare di sé.
La spettacolare quanto inutile esibizione muscolare che si è vista ieri al confine tra Austria e Slovenia è forse il miglior biglietto da visita per capire quanto potrebbe accadere a partire dalle prossime settimane. Non a caso lo slogan scelto da Vienna per caratterizzare il suo semestre di presidenza è «Un’Europa che protegge», dove il non detto è che protegge se stessa dai migranti. Come Ungheria, Polonia, repubblica Ceca e Slovacchia, il gruppo di Visegrad con cui l’Austria ha rapporti sempre più stretti, Kurz è determinato a spostare le frontiere europee fuori dai confini dell’Unione al punto che nei giorni scorsi ha annunciato una «rivoluzione copernicana» nel caso dal Consiglio europeo che si apre domani a Bruxelles non dovessero arrivare risultati. Il progetto, al quale Vienna starebbe lavorando insieme a Danimarca e altri Paesi – non è certo nuovo visto che ancora una volta si propone di allestire campi nei quali trasferire i migranti e i profughi che sbarcano in Europa.
A differenza però di altre iniziative simili, che collocano i campi in paesi del nord Africa, Vienna propone che vengano realizzati nei Balcani (si è parlato del Kosovo, ma senza conferme), magari facendo leva sulla voglia di questi Paesi di entrare a far parte dell’Unione europea. «Così i profughi potranno avere protezione se necessario, ma non avranno possibilità di scegliere il Paese a loro più congeniale per presentare la richiesta d’asilo», ha spiegato ai primi di giugno Kurz da Bruxelles, dove si era recato proprio in vista della presidenza di turno austriaca. Il primo campo pilota potrebbe vedere la luce entro l’anno. Una proposta condivisa, non a caso, tra gli altri anche dal premier ungherese Viktor Orbán, alleato e amico del vicecancelliere Strache, e che Kurz vorrebbe cominciare a discutere già al vertice informale dei capi di Stato e di governo che si terrà a settembre a Salisburgo. Sembra invece ancora una volta archiviata, per le forti divisioni esistenti tra i 28, la possibilità di arrivare a una riforma del regolamento di Dublino.
Anche se l’Italia fa parte del cosiddetto «asse dei volenterosi» creato di recente con Germania e Austria allo scopo di fermare i migranti a tutti i costi, non è detto che per questo da Vienna non possano arrivare brutte sorprese per il governo gialloverde. Se infatti in Europa lo scontro sui migranti dovesse precipitare, c’è da scommettere che il cancelliere austriaco non esiterebbe a mettere in atto una minaccia più volte ventilata in passato, quando era ministro degli Esteri del precedente governo, vale a dire la chiusura del Brennero contribuendo così a isolare la penisola dal resto dell’Europa. Nel frattempo appoggia la proposta di Bruxelles di rafforzare ulteriormente Frontex per rendere più sicure le frontiere esterne dell’Unione. Capire poi dove l’Europa finisce, se al di là del Mediterraneo o al di qua delle Alpi, è tutto un altro discorso.