Il manifesto 26.6.18
Tomaso Montanari: «Pd missione compiuta: ora il rosso è solo quello della Ferrari»
Intervista.
Parla lo storico dell'arte: "Questa storia è iniziato dopo il muro di
Berlino, quando la sinistra ha pensato che non ci sono alternative al
capitalismo"
di Tomaso Montanari
La Pisa di
sinistra, quella di Ciccio Auletta e dei Diritti in Comune, osserva che
quello che la vittoria elettorale della Lega è l’effetto, sociale e
culturale, delle politiche condotte dal Pd. Inseguendo la destra sul suo
terreno. In molti casi anticipandola, e per giunta vantandosene. Tomaso
Montanari, ti convince ?
Non c’è dubbio che sia così. Ed è una
storia che inizia ancora prima, dal dopo muro di Berlino, quando la
sinistra ha pensato di aver perso perché aveva torto. Così l’agenda è
diventata quella di Tony Blair, riassumibile nell’acronimo «Tina»: non
ci sono alternative. Allora resta solo lo storytelling, da Veltroni a
Renzi, che sono in continuità. Smettendo di pensare che la sinistra
possa cambiare il mondo, perché il mondo è immodificabile e chi sta
sopra sta sopra, chi sta sotto sta sotto. E la politica non cambia più
nulla. Se non la vita di chi la fa.
Dunque continui a pensare che
da un quarto di secolo la «sinistra di governo» abbia prodotto tanti
disastri. A tal punto che non la votano più…
Lo ripeto, il
problema è antico. Renzi è stato solo il botto finale. Ricordo che
quando inizia la sua parabola politica, dice che per lui le bandiere
rosse sono quelle della Ferrari. La sua parabola è finita ora, non il 4
marzo o il 4 dicembre. Ma paradossalmente ha vinto: oggi l’Italia, e la
Toscana, pensano che le bandiere rosse siano quelle della Ferrari.
Ora
il presidente della regione Toscana Enrico Rossi dice che ora si deve
andare oltre il Pd, Leu, Mdp, e che deve essere progettato un
«contenitore» che raggruppi tutta la sinistra che non va più a votare,
perché non si aspetta più risposte.
Mi sembra la politica dei
bussolotti. Mentre il problema non è il contenitore ma quel che c’è
dentro. I toscani hanno votato a destra perché c’è ingiustizia sociale,
non perché manca una sinistra unita. Se la Toscana fosse stata davvero
rossa, non sarebbe crollata. Invece era grigia, a tratti nera,
altrimenti a Pisa non si sarebbero inventati i «daspo urbani» per i
migranti, e Rossi non sarebbe il difensore dell’aeroporto di Peretola,
quello che vuole fare Carrai. Non distinguendo più la politica del Pd da
quella della Lega, ha prevalso l’originale. Poi non dobbiamo
dimenticare che la legge elettorale toscana è nei fatti l’Italicum, e la
degenerazione del sistema democratico nelle elezioni è partita da qui.
Questo Salvatore Settis l’ha spiegato bene.
Contro il «razzismo di
governo», sia Rossi che il sindaco fiorentino Nardella hanno indetto
una manifestazione a Firenze, mercoledì 27. Che ne pensi?
Quando
il mese scorso il Cantiere delle Idee ha presentato una ricerca con
interviste nei quartieri popolari, è venuto fuori fra le tante che anche
la provincia italiana sta votando in reazione al «centro», perché pensa
che lì ci sia la ricchezza, mentre tutto il resto è una gigantesca
periferia. Insomma si vota in reazione all’establishment dei capoluoghi.
Allora io penso che organizzare una manifestazione antirazzista in una
piccola piazza di lusso nel centro di Firenze, fra gli alberghi a cinque
stelle, sia l’ennesimo regalo a Salvini. Fosse stata organizzata al
campo rom del Poderaccio, e l’idea fosse partita da Libera, dall’Arci,
dalla stessa Libertà e Giustizia, insomma «dal basso» e non da un
sindaco e da un presidente regionale, avrebbe avuto un’altra simbologia.
Non ho aderito, e non andrò in piazza Ognissanti.
A proposito, l’anno prossimo si vota a Firenze.
Se
Nardella va avanti così, finirà come il sindaco senese Valentini. Se
invece il Pd capisce che deve cambiare tutto, radicalmente, da domani,
non inseguendo Salvini ma andando in direzione opposta, magari facendo
la moschea in centro e lavorando sull’integrazione, allora può diventare
un pezzetto della nuova sinistra. Hanno visto che facendo i «destri»
perdono, non hanno nulla da perdere a fare cose di sinistra. Perché
Salvini un ideale ce l’ha, «nero» ma ce l’ha. E l’unico che sta provando
a resistergli è uno scrittore, Roberto Saviano, non un politico.