domenica 24 giugno 2018

il manifesto 24.6.18
Salvini alla conquista di Terni. Sinistra a rischio estinzione
Elezioni amministrative 2018. Storia di un fallimento politico nella città ex rossa. Oggi ballottaggio tra Latini e De Luca
di Marco Venanzi


TERNI Terni, la città rossa, è caduta sotto i colpi dei movimenti populisti e sovranisti che hanno vinto le elezioni del 4 marzo e del 10 giugno. Il fatto, indipendentemente da come andrà il ballottaggio di oggi – la scelta sarà, infatti, tra due candidati sindaco estranei alla sinistra, cioè Thomas De Luca del M5s e Leonardo Latini della Lega ma con l’appoggio dalle altre liste del centrodestra (Forza Italia, Fratelli d’Italia, Popolo della famiglia e Terni Civica) – segna un passaggio di fase, una svolta decisamente negativa, ma di certo epocale per l’Umbria.
PER LA SINISTRA TERNANA il primo turno del 10 giugno è stato un crollo. Leonardo Latini ha ottenuto il 49,22% (25.531 voti), la lista della Lega il 29,09% (14.667), la coalizione nel suo insieme il 48,74%, Thomas De Luca è arrivato al 25,03% (12.986) e il M5s si è fermato al 24,42%. Il Pd è crollato al 12,57% (6.336), l’intera coalizione di Centrosinistra ha ottenuto solo il 15,88% e il candidato sindaco Paolo Angeletti si è fermato al 14,99% (7.776 voti). Alessandro Gentiletti di Senso Civico (una coalizione di sinistra con LeU e altre associazioni e movimenti) si è fermato al 3,90% (2.024 voti). Da una parte gli elettori del Centrosinistra si sono astenuti, dall’altra sono migrati verso la Lega; sta di fatto che il Pd è a rischio estinzione in una delle città operaie simbolo della sinistra italiana del Novecento. I motivi sono molteplici e di lungo periodo.
LA SINISTRA ha guidato la città dopo il fascismo, dopo gli anni della fabbrica totale e della Società Terni polisettoriale quando l’azienda governava il territorio oltre alle industrie. Per settant’anni (tranne la fase liberale del sindaco Gianfranco Ciaurro dal 1993 al 1999) la sinistra ha gestito ogni cosa, dalla ricostruzione necessaria dopo la guerra all’edificazione di nuovi quartieri per gli operai delle fabbriche: edifici, strade e opere di urbanizzazione, scuole, nuove aree industriali per una città che si immaginava sarebbe arrivata ai 200 mila abitanti. I primi segnali della deindustrializzazione negli anni Settanta non hanno fermato la logica del mattone. Fino alla crisi del 2008 e all’esplosione della bolla speculativa, l’edilizia ha portato anche a importanti risultati in termini di recupero di aree dismesse, di zone distrutte dal conflitto e nuovi quartieri.
Dagli anni Ottanta si è aggiunto alle opportunità della ricostruzione lo sviluppo di un movimento cooperativo che è arrivato a costituire una realtà sociale e occupazionale di grande importanza che, con il sopraggiungere della crisi e della deindustrializzazione, è diventato uno dei principali polmoni lavorativi di Terni. Ricostruzione prima, e recupero di aree dismesse poi, insieme a un movimento cooperativo divenuto l’unica possibilità occupazionale per molti, hanno portato a una sorta di economia del declino, nella quale cooperanti e imprenditori del mattone hanno gestito l’invecchiamento progressivo della città più che il suo ripensamento in termini di nuovo sviluppo.
A QUESTO SI SONO sommati i fallimenti sul piano delle alternative creative, dell’economia della cultura e dei beni culturali oltre ai disastri ambientali (inceneritori e mancate bonifiche industriali). Il debito comunale che ha portato al dissesto di bilancio e alle elezioni è stato il frutto del tentativo della sinistra ternana di tenere la città mentre su di essa, come se non fosse bastato il resto, piombavano la crisi economica, le politiche neoliberiste dei governi con i conseguenti tagli agli enti locali, le ristrutturazioni dell’acciaieria dell’Acciai Speciali Terni (ThyssenKrupp) e i problemi della chimica.
D’ALTRA PARTE, il centrosinistra e il Pd in questi ultimi anni hanno avuto in mano il Comune, quello che è restato della Provincia, la Regione, il Governo nazionale e, pertanto, hanno goduto di una situazione del tutto favorevole per la gestione della città senza riuscire a rigenerarla. L’isolamento di Terni in Umbria è anzi sembrato ancora più marcato con una conseguente perdita di funzioni nei confronti di altre aree della Regione (Asl, infrastrutture ferroviarie, Camera di commercio, Università). In un contesto come questo i ceti popolari, i mondi operai, abbandonati e non più rappresentati hanno voltato la faccia al Pd votando per partiti nazional-popolari. La folla che ha accolto Matteo Salvini a Piazza della Repubblica il 21 giugno è la testimonianza di un fallimento culturale e morale prima che politico la cui responsabilità ricade sugli esponenti locali del Pd ma anche sulla Presidente Catiuscia Marini e su tutto il partito e la sinistra che rischiano di essere spazzati via dall’Umbria.