il manifesto 22.6.18
Linea dura Italia, è il turno della Lifeline: «In porto solo se vuota»
Arrestiamo
umani. Dopo l’Aquarius, un nuovo caso agita le acque. «I migranti se li
prendano Malta e Libia, poi sequestriamo l’imbarcazione»
A bordo della Lifeline
di Alfredo Marsala
Questa
volta la prova di forza del ministro Salvini, che voleva spedire in
Olanda la nave Lifeline della ong tedesca con 224 migranti a bordo
salvati al largo della Libia, non è riuscita. Per ore l’imbarcazione è
stata costretta a fermarsi in mare perché l’Italia, come aveva fatto con
l’Aquarius di Msf poi scortata fino a Valencia per l’intervento della
Spagna, non aveva concesso un porto sicuro per l’approdo, chiedendo ai
Paesi bassi di farsi carico della nave: «Questo carico di esseri umani
ve lo portate in Olanda, fate il giro un po’ largo», le parole
sprezzanti del vice premier. Ma Amsterdam ha chiuso subito il dialogo
comunicando al Viminale che Lifeline, anche se battente bandiera
olandese, non è riconosciuta dal loro Paese.
UN RIMPALLO di
competenze con le diplomazie insofferenti, mentre la ong tedesca
invitava le autorità competenti «a reagire rapidamente in funzione del
loro obbligo di designare un luogo di sicurezza», richiamando «il
diritto internazionale».
Con Salvini sugli scudi a difesa della
linea intransigente, a farsi carico dello stallo che si stava consumando
ancora una volta sulla pelle dei migranti soccorsi c’ha pensato il
ministro 5stelle per le Infrastrutture. «Nonostante siamo in mare libico
ci assumiamo noi la responsabilità di portarli sulle navi della nostra
Guardia costiera, la nave la porteremo in Italia dove dovrà fermarsi,
perché la sequestreremo: è una nave apolide che non può navigare in
acque internazionali».
POCO DOPO era il Viminale ad annunciare una
modifica sostanziale alla soluzione indicata da Danilo Toninelli: della
prima accoglienza dei migranti a bordo della Lifeline dovranno farsi
carico Malta e Libia, a quel punto, una volta svuotata, la nave potrà
attraccare in un porto italiano – ma sempre per essere posta sotto
sequestro.
Stessa sorte si prospetta per un’altra nave, la
Seefuchs, che non è intervenuta in questa operazione, ma per la quale
l’Olanda, sostiene il ministro Toninelli, «ha affermato di non avere
elementi sufficienti per dire che è registrata da loro». «Noi – aggiunge
l’esponente 5stelle – siamo per il salvataggio delle vite, ma in
sicurezza e legalità, prima di qualsiasi ideologia. È da irresponsabili
trovarsi in mare libico a incentivare le partenze dei barconi della
morte e poi non avere competenze e caratteristiche tecniche per
intervenire».
Ma la ong Lifeline contesta le parole del ministro.
La nave, spiegano i responsabili, era «il mezzo più attrezzato per
soccorrere i migranti, bisognava dare una risposta immediata al
naufragio». Anche perché, denuncia la ong, «le navi della guardia
costiera libica intervenute nella zona del naufragio dei gommoni, non
sono dotate di sufficienti attrezzature, come i giubbotti di
salvataggio, e a bordo non c’è personale medico».
«Abbiamo
ripetutamente chiesto agli stati europei di assumersi le proprie
responsabilità e di inviare risorse – accusa la ong – ma non è successo
nulla. Per cui il nostro equipaggio non aveva altra possibilità che
quella di fare il proprio dovere, perfettamente in linea con il diritto
internazionale».
LA ONG ESORTA I GOVERNI europei «a non violare il
principio del salvataggio in mare a causa delle tensioni tra stati in
materia di sbarco», perché «il momento per discutere la solidarietà
europea non è quando le imbarcazioni con le persone in difficoltà
arrivano nelle coste dell’Unione europea», ma «la priorità assoluta deve
essere quella di offrire loro un accesso immediato al porto più
sicuro». Mission Lifeline, secondo quanto si legge nel sito della ong
tedesca, è stata costituita nel maggio del 2016.
A SETTEMBRE di
quell’anno ha comprato per 200 mila euro la nave che porta il suo nome:
32 metri di lunghezza, 8 di larghezza, bandiera olandese. Lo scafo fu
completato nel 1968 nel cantiere navale Hall, Russell & Company
ad Aberdeen. In origine era un peschereccio utilizzato come nave da
ricerca per l’industria della pesca britannica. Nel 2015 l’acquistò la
ong Sea-Watch e la trasferì ad Amburgo, dove nei cantieri navali di
Pella Sieta fu convertita in scialuppa di salvataggio. Ribattezzata Sea
Watch 2, a marzo del 2016 fu trasferita a Malta per essere operativa del
Mediterraneo. Nel 2016 l’acquisto da parte di Mission Lifeline.