venerdì 22 giugno 2018

il manifesto 22.6.18
Sarah Netanyahu incriminata per frode, il premier israeliano trema
Israele. Accusata di aver speso quasi 100mila dollari dello Stato in pasti preparati da ristoranti a cinque stelle, la first lady rischia di trascinare nel baratro il marito anch'egli sotto inchiesta
di Michele Giorgio


GERUSALEMME A Sarah Netanyahu proprio non piacevano le pietanze preparate dal cuoco, pagato ‎dallo Stato, impiegato presso la residenza ufficiale di suo marito e primo ministro ‎di Israele, Benyamin Netanyahu. E per questa ragione, per diverso tempo, pur ‎avendo uno chef a disposizione ha ordinato pasti in ristoranti stellati spendendo ‎quasi 100mila euro del contribuente israeliano. Ci sono voluti anni per arrivarci e ‎alla fine i giudici hanno deciso di incriminarla per frode. Ora Sarah Netanyahu ‎rischia il carcere ma può raggiungere un accordo con la magistratura se si ‎dichiarerà colpevole e indennizzerà lo Stato restituendo la cifra indicata nell’atto ‎di accusa. Tuttavia l’ammissione di colpa avrebbe riflessi politici immediati per il ‎marito, coinvolto in indagini per truffa, che ha sempre sostenuto di non aver mai ‎violato la legge e di essere vittima, assieme alla moglie, di una campagna mediatica ‎orchestrata dall’opposizione e dai suoi rivali per costringerlo a farsi da parte. ‎
 La moglie di Netanyahu, nota per impulsività ed arroganza nei confronti del ‎personale di servizio, è stata più volte accusata di ricercare a tutti i costi uno stile ‎di vita sontuoso con il denaro dei contribuenti e di intromettersi in affari di stato. ‎In passato però è sempre uscita indenne dalle indagini. Questa volta no e le ‎conseguenze del passo fatto dai giudici potrebbero rivelarsi pesanti. Assieme a lei ‎è stato stato incriminato Ezra Saidof, un alto funzionario dell’ufficio del primo ‎ministro addetto alla contabilità. Nell’atto di accusa, lungo una ventina di pagine, ‎si afferma che entrambi hanno agito per addossare allo Stato spese di gestione ‎della residenza del premier a Gerusalemme e di quella privata di Cesarea che non ‎erano previste dai regolamenti. Le casse statali avrebbero perciò finanziato uscite ‎non autorizzate. ‎«Accuse assurde e deliranti‎» replicano gli avvocati della first ‎lady. ‎«È la prima volta al mondo che la moglie di un leader viene processata per ‎cibo offerto su vassoi usa-e-getta‎», ironizzano, sostenendo che la maggior parte ‎dei pasti non fu consumata dalla famiglia Netanyahu ma durante cene ‎diplomatiche. Aggiungono che la moglie del premier ‎«non è una dipendente ‎statale e non conosceva le procedure‎» per la gestione della residenza ufficiale del ‎primo ministro. Forse. Ma non tutto, insiste la procura, si è svolto in buona fede ‎come vorrebbero far credere gli avvocati. La first lady e Seidof, riferiva ieri sera il ‎sito del quotidiano Haaretz, hanno fatto in modo da far apparire nei documenti ‎ufficiali il cuoco poco gradito come un operaio addetto alla manutenzione e non ‎uno chef, proprio per aggirare l’accusa di spendere inutilmente soldi pubblici per ‎acquistare pasti nei ristoranti.‎
Quello che è certo in queste ore è la preoccupazione di Benyamin Netanyahu, ‎sui carboni ardenti per una vicenda che potrebbe travolgerlo poiché egli stesso è ‎sotto la lente d’ingradimento di polizia e magistratura. ‎