venerdì 22 giugno 2018

il manifesto 22.6.18
Scontro Salvini e Saviano: «Valutiamo la sua scorta»
Polemiche. Lo scrittore risponde al leader leghista: «Sei il ministro della Malavita, non ho paura di te»
di Mario Di Vito


È la scorta dello scrittore Roberto Saviano l’argomento della sparata giornaliera di ieri del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Dopo la «pacchia» dei migranti e la schedatura dei rom, il titolare del Viminale si è chiesto durante l’ospitata mattutina ad Agorà su Raitre se Saviano «corra davvero qualche rischio, anche perché mi pare che passi molto tempo all’estero». Un modo per titillare gli umori dei suoi seguaci, che vedono nell’autore di Gomorra l’emblema quasi mitologico del radical chic che giudica il mondo dal suo fantomatico «attico newyorkese». E ancora: «È una persona che mi provoca tanta tenerezza e tanto affetto, ma è giusto valutare come gli italiani spendono i loro soldi. Lui è l’ultimo dei miei problemi, gli mando un bacione se in questo momento ci sta guardando».
La colpa di Saviano, a quanto pare, risiede nelle sue ultime dichiarazioni, in cui aveva definito Salvini «crudele, inumano e incapace», associando inoltre le sue uscite alla «retorica del fascismo». E così, seguendo l’ormai consueto copione di questo inizio di legislatura, dopo la sparata del ministro di polizia è esplosa la polemica.
«Se Salvini vuole risparmiare tolga la scorta a me e la lasci a Saviano», ha detto il capogruppo dem alla Camera Graziano Del Rio. Bacchettate anche dall’ex ministro Marco Minniti («Le scorte non si assegnano né si tolgono in tv») e di Laura Boldrini («Mettere in discussione la scorta a una persona minacciata dalla criminalità organizzata è il contrario di quello che dovrebbe fare un ministro dell’Interno»). Dalle parti di Leu, si fanno sentire anche le parole di Arturo Scotto: «La classe dirigente che Salvini ha promosso al Sud è composta innanzitutto da ex amici di Nicola Cosentino. Non sono dunque stupito che il suo primo obiettivo sia togliere la scorta a Saviano. Tutto torna. Anziché punire le mafie, si punisce chi lotta contro le mafie».
Nel pomeriggio, lo stesso Saviano è intervenuto per replicare. Salvini diventa così, con una citazione della memorabile definizione che Gaetano Salvemini diede di Giovanni Giolitti nel 1910, «il ministro della Malavita» eletto a Rosarno «con i voti di chi muore per la ’ndrangheta» e le sue sono «parole da mafioso». In un video pubblicato sulla sua pagina di Facebook, lo scrittore affonda il colpo ancora di più: «E secondo te, Salvini, io sono felice di vivere così da undici anni? Ho la scorta da quando ho 26 anni, ma pensi di minacciarmi o di intimidirmi? In questi anni sono stato sotto una pressione enorme, quella del clan dei Casalesi e dei narcos messicani. Ho più paura a vivere che a morire così. Credi che possa aver paura di te? Buffone».
Alla fine, al culmine della sua strategia che prevede una dichiarazione pazzesca di prima mattina, diverse ore di discussione che tengono alto il topic sui social network e una parziale smentita che comunque non modifica la sostanza del discorso, Salvini ha aggiustato il tiro: «Verificheremo tutti i servizi di vigilanza, sono quasi 600 e occupano circa duemila uomini delle forze dell’ordine. Molti di questi servizi sono chiaramente giustificati, ma qualcuno può essere rivisto perché non ci sono eguali in altri paesi europei». E il ministro chiude lavandosene le mani: «Ci sono organismi che decidono chi merita di essere protetto, non sono io ad avere questa facoltà». Chiusa la questione, è molto probabile che già oggi il leader leghista ne sparerà un’altra delle sue. Nuovo giorno, nuovo topic. Purché se ne parli.