il manifesto 21.6.18
«Così l’Ue mette a rischio il diritto di chiedere asilo»
di C. L.
ROMA
Carlotta Sami, lei è la portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa. Nel
piano europeo per realizzare piattaforme per gli sbarchi di migranti in
Africa voi e lo Iom svolgete un ruolo fondamentale.
Noi quella
proposta non l’abbia mai vista né ricevuta. Per quanto riguarda la
condivisione regionale degli sbarchi chiediamo che ci sia un meccanismo
pianificato degli arrivi che possa comprendere più Paesi. Alla base
devono esserci accordi predeterminati con gli Stati che accoglieranno,
accordi che abbiano la finalità di portare le persone salvate al più
presto in un porto sicuro. E che non ci siano più gli stalli che abbiamo
visto in queste settimane.
Intende dire che prima di dare seguito al piano vanno individuati i Paesi disponibili ad accettare i migranti?
Esatto.
Possiamo anche essere d’accordo che non sia solo l’Italia ad
accogliere, ovviamente, però il meccanismo deve essere determinato prima
e deve assegnare una serie di responsabilità insieme alla disponibilità
ad accogliere le persone salvate in più porti. Per quanto riguarda
invece la solidarietà tra i Paesi europei, va slegato il momento dello
sbarco dalla fase dell’esame delle richieste di asilo e creato un
meccanismo semplice e veloce per ricollocare i richiedenti asilo tra
tutti gli Stati dell’Unione europea.
La riforma di Dublino
approvata dal parlamento europeo prevede quote automatiche ed
obbligatorie, ma è proprio questo il meccanismo che viene ostacolato.
É
vero, viene ostacolato. Il nostro lavoro invece è cercare di affermarlo
a livello europeo. Un altro punto importante riguarda la procedura
esterna all’Unione europea delle richieste di asilo. Tutti i Paesi del
mondo in questo momento stanno discutendo il global compact sui
rifugiati che dovrà essere adottato entro la fine dell’anno a New York.
Pensiamo che l’Europa dovrebbero in qualche maniera presentare proposte
che possano aiutare a definire questo patto a livello globale. Se
l’Europa invece propone una esternalizzazione di questi processi, invece
che accogliere e condividere le responsabilità, non va nella giusta
direzione. Limitare la responsabilità dei Paesi europei limitando lo
spazio dell’asilo europeo è l’opposto di quelli che sono gli obiettivi
del patto globale sui rifugiati.
Ma esternalizzare le procedure
per la richiesta di asilo non significa modificare sostanzialmente il
diritto dei rifugiati a chiedere protezione internazionale?
Certo.
Il diritto a chiedere asilo non va confuso con il reinsediamento, che
riguarda invece una situazione in cui ci sono persone che sono già state
accolte da Paesi extraeuropei e alle quali viene data la possibilità di
arrivare in Paesi occidentali sicuri.