giovedì 21 giugno 2018

il manifesto 20.6.18
«Democrazia diretta», da Atene a Berlinguer
Lessico politico. La democrazia consiliarista vuole il controllo continuo e diretto degli elettori sugli eletti, e l’eventuale revoca del delegato «infedele». Oggi anche si parla di mandato imperativo, ma lo si vorrebbe applicare al parlamento di matrice liberaldemocratica, dove vige invece il principio del parlamento specchio del paese, eletto da indistinti «cittadini» (aspetti questi sui quali bisognerà tornare a proposito della «democrazia parlamentare»)
di Guido Liguori


Si fa un gran parlare di democrazia diretta, intendendo spesso la consultazione via internet, una delle maggiori novità introdotte nel panorama politico dal M5s. La democrazia diretta in realtà ha una storia antica.Con tale espressione si è a lungo inteso un tipo di pronunciamento espresso direttamente da soggetti riuniti in assemblea, senza l’intermediazione di rappresentanti.
Sono state forme di democrazia diretta l’assemblea («ecclesia») nella antica Atene, l’assemblea dei cittadini nei comuni medievali, o la democrazia teorizzata da Rousseau a partire dall’esempio (idealizzato) della sua Ginevra. Una variante di crescente successo della democrazia diretta è poi stata quella referendaria, adottata in Svizzera e poi introdotta in numerosi paesi.
In epoca più recente, la democrazia diretta si intreccia con la storia politica del «quarto stato». La Comune di Parigi (1871) è il primo esempio di tentativo di autogoverno esercitato senza l’elezione di parlamentari. Marx e poi Lenin la elevano a forma esemplare del nuovo Stato proletario. I Soviet russi, nati nel 1905 e risorti nel 1917, ne riprendono lo spirito, pur non disdegnando di eleggere dei delegati.
Nella teorizzazione di Antonio Gramsci, il più originale e importante teorico del consiliarismo dell’epoca, sono i gruppi omogenei di operai a eleggono i propri delegati che formano il «consiglio». Ma il principio della delega è qui molto diverso da quello della democrazia parlamentare.
La democrazia consiliarista vuole il controllo continuo e diretto degli elettori sugli eletti, e l’eventuale revoca del delegato «infedele». Oggi anche si parla di mandato imperativo, ma lo si vorrebbe applicare al parlamento di matrice liberaldemocratica, dove vige invece il principio del parlamento specchio del paese, eletto da indistinti «cittadini» (aspetti questi sui quali bisognerà tornare a proposito della «democrazia parlamentare»).
Cosa manca alla democrazia diretta via internet delle antiche e più solide democrazie dirette? In una profetica intervista del 1984 Enrico Berlinguer affermava: «La “democrazia elettronica” limitata ad alcuni aspetti della vita associata dell’uomo può anche essere presa in considerazione. Ma non si può accettare che sostituisca tutte le forme della vita democratica… Tra l’altro non credo che si potrà mai capire cosa pensa davvero la gente se l’unica forma di espressione democratica diventa quella di spingere un bottone. Ad ogni modo lo ripeto: io credo che nessuno mai riuscirà a reprimere la naturale tendenza dell’uomo a discutere, a riunirsi, ad associarsi».
Una convinzione troppo ottimistica? Certo è più facile spingere un bottone seduti dietro il proprio computer che partecipare e un’assemblea o a una riunione. Di cui un forum via internet difficilmente però riesce a riprodurre la ricchezza, lo scambio e l’arricchimento reciproco. Speriamo non sia, quella odierna, una strada senza ritorno.