sabato 16 giugno 2018

il manifesto 16.6.18
Parità di diritti uomo-donna in Tunisia, il tabù dell’eredità
di Giuliana Sgrena


Il 13 agosto scorso – giorno dei diritti delle donne – il presidente Béji Caïd Essebsi aveva nominato una Commissione incaricata di elaborare proposte per adeguare le leggi all’uguaglianza uomo-donna stabilita dalla Costituzione del 2014.
Il rapporto di 235 pagine è stato consegnato al presidente l’8 giugno e reso noto martedì scorso. La Commissione Colibe – composta da cinque uomini e quattro donne esperti in materia giuridica – presieduta dall’avvocata femminista Bochra Bel Haj Hamida aveva rimandato la conclusione dei lavori a dopo le elezioni amministrative di maggio per evitare interferenze. Questo non aveva tuttavia evitato che nel paese gli islamisti si preparassero allo scontro – le proposte dovranno essere votate dal parlamento – soprattutto sulla parità nell’eredità.
L’articolazione del documento, che pure contiene delle proposte sicuramente progressiste e perfino rivoluzionarie per i paesi musulmani, mostra però un tentativo di equilibrismo su alcuni temi e finanche di compromesso su altri, nel tentativo di fare accettare ai settori conservatori riforme che rispecchiano l’evoluzione della società tunisina.
La prima parte del rapporto è dedicata ai diritti, la seconda all’uguaglianza.
Tra i punti che susciteranno maggiore dibattito vi è innanzitutto l’abolizione della pena di morte o il suo mantenimento solo nel caso in cui ci siano delle vittime. La Tunisia sta rispettando una moratoria delle esecuzioni dal 1991, tuttavia la pena di morte è prevista dalla legge antiterrorismo adottata nel luglio 2015 dopo gli attentati terroristici. Evidentemente anche la richiesta di penalizzazione degli appelli al suicidio si riferisce al martirio. Il documento ridefinisce il concetto di morale e dell’ordine pubblico.
Si richiede anche la depenalizzazione dell’omosessualità.
Per quanto riguarda la protezione del «sacro» questa non deve inficiare la libertà di coscienza e di fede delle minoranze religiose o anche dei non religiosi con la predominanza della religione ufficiale. La libertà di coscienza deve essere garantita anche dall’abolizione del crimine di blasfemia e dall’eliminazione della distinzione tra musulmani e non musulmani, un retaggio coloniale. Nel frattempo è stato abolito il divieto per le tunisine di sposare non musulmani. In tutti i paesi musulmani infatti alle donne è vietato sposare un uomo di un’altra religione mentre ai maschi è permesso sposare una donna appartenente a una religione del libro (cristiane o ebree).
Inoltre si propone di annullare la circolare per la chiusura dei bar durante il mese del Ramadan.
Naturalmente lo scoglio maggiore riguarda la parità nell’eredità per gli eredi di primo grado, anche se la commissione propone di lasciare la libertà di scegliere diversamente all’interno però di una precisa cornice giuridica.
Inoltre: abolizione della dote come vincolo e condizione per il matrimonio o del divorzio; uguaglianza tra figli legittimi e naturali – che ancora vengono definiti «bastardi» dagli islamisti che nel 2011 proponevano di togliere qualsiasi finanziamento alle associazioni che si occupano di ragazze madri–; possibilità di dare al figlio il cognome del padre e della madre; abrogazione dell’articolo 23 del Codice di famiglia che stabilisce che il marito è il capofamiglia.
Si propone inoltre l’uguaglianza dei genitori per la tutela e la custodia dei figli. Il sussidio alla moglie, in caso di divorzio, è previsto solo se la donna non dispone di risorse finanziarie. Siccome la disparità nell’eredità si basa anche sul pretesto che la donna ha o avrà un marito che la mantiene, questa proposta potrebbe limitare quella motivazione e comunque rafforzerebbe il concetto di parità.
Sebbene la proposta della Commissione fosse partita proprio per stabilire la parità nell’eredità voluta dal presidente della repubblica, il momento politico in cui andrà in discussione – se arriverà presto in parlamento – non è dei più favorevoli: gli islamisti di Ennahdha si stanno scontrando con il partito del presidente, Nidaa Tunes, sulla necessità di cambiare il capo del governo (difeso da Ennahdha). Di fatto è già iniziato lo scontro per le elezioni presidenziali dell’anno prossimo.