il manifesto 16.6.18
Trump vuole il football in ginocchio
Stati
Uniti. La lunga lotta tra il presidente e i Philadelphia Eagles,
campioni dello sport nazionale americano. The Donald ha annullato la
loro visita alla Casa Bianca dopo le proteste dei mesi scorsi
di Nicola Sellitti
Ci
è cascato di nuovo, Trump. Il suo distacco dal football americano e in
genere dallo sport nazionale è sempre più marcato. Un canyon, migliaia
di yards, dopo la decisione presa nel suo studio ovale di annullare la
visita alla Casa Bianca dei Philadelphia Eagles, campioni nazionali di
football americano. È la prima volta che un presidente straccia l’invito
per una squadra di football, un gesto irrituale (ma The Donald si sa,
bada poco al protocollo), ultimo passaggio della polemica infinita con
la National Football League, il primo campionato che da due anni ha
cominciato a esprimere profondo dissenso per espressioni e provvedimenti
razzisti dell’inquilino della White House.
Da Koolin Kaepernick,
asso afroamericano dei San Francisco 49ers – ancora senza squadra da
oltre un anno e ora riferimento della comunità nera, dopo l’anatema
presidenziale sulla sua presenza nella Lega, subito recepito dalle
franchigie – inginocchiato durante l’esecuzione dell’inno nazionale fino
alla reazione a catena di altri atleti (anche non afroamericani), di
altri campionati, dalla Nba fino all’hockey nazionale, mentre il
baseball, lo sport dei bianchi, ha inserito il silenziatore. Gesti
significativi, mai violenti, come invece violente, volgari,
intolleranti, sempre attraverso i social, sono state le reazioni di
Trump. E altra benzina sul fuoco nel rapporto tra Nfl e The Donald –
anche se tanti proprietari di franchigie appartengono alla sfera dei
repubblicani – è stata gettata dalla regola – approvata recentemente dai
patron della lega del football timorosi di altre reprimende
presidenziali, che vieta espressamente agli atleti di inginocchiarsi con
caschetto e paradenti. Potranno manifestare sì, ma nel chiuso dello
spogliatoio… . In pratica, la protesta degli invisibili.
Ma Trump
non si è detto soddisfatto, anzi. «Restare negli spogliatoi durante
l’esecuzione dell’inno dimostra la stessa mancanza di rispetto verso il
Paese che lo scegliere di inginocchiarsi» ha detto il presidente a Fox
News – il suo network – che ha fatto girare immagini dei giocatori di
Philadelphia in ginocchio prima di una partita della scorsa stagione,
alludendo a proteste anti inno, mentre in realtà erano raccolti in
preghiera. La scelta di non invitare gli Eagles alla Casa Bianca ha
provocato reazioni nello sport americano (e non solo). Lebron James, la
stella della Nba – lo scorso anno aveva twittato contro Trump dandogli
del «buffone», perché reo di aver «respinto» la visita dei Golden State
Warriors, vincitori del titolo 2017, (il team aveva anticipato
l’intenzione di non sfilare davanti al presidente) – ha annunciato,
assieme alle stelle di Golden State contro cui si sta giocando il
titolo: «chiunque vincerà, non andrà alla Casa Bianca». «Vuole soltanto
dividerci per scopi politici» è stato il commento di Steve Kerr, tecnico
di Golden State, una delle menti elette dello sport americano con padre
diplomatico per il governo americano ucciso a Beirut negli anni
Ottanta.