il manifesto 13.6.18
L’Oms sdoganerà la cannabis medica?
Fuoriluogo.
Oggi, dato il diffuso uso medico della sostanza e dei suoi derivati,
l’inclusione nella tabella IV risulta ancor meno giustificabile di 57
anni fa
di Marco Perduca
Non è chiaro quale
Stato membro dell’Onu l’abbia richiesta con la necessaria fermezza,
fatto sta che a giugno 2018, a 70 anni dalla sua fondazione,
l’Organizzazione Mondiale della Salute ha lanciato una pre-revisione
dello status internazionale della cannabis. Se il Comitato di esperti
sulle droghe dell’Oms troverà elementi sufficienti per arrivare a una
vera e propria revisione critica della pianta lo scopriremo nelle
prossime settimane, per il momento va preso atto che un altro tabù
anti-cannabis è stato infranto.
Da almeno due decenni la
prescrizione di cannabinoidi aumenta costantemente in molti paesi
ricchi, anche grazie all’immissione sul mercato di nuovi preparati a
base di cannabis, a partire da quelli a base di Cannabidiolo, Cbd,
mentre sempre più governi alleggeriscono le sanzioni per l’uso personale
di marijuana. Anche per questi motivi gli esperti dell’Oms hanno deciso
di raccogliere studi scientifici e stimoli politici da Stati membri e
organizzazioni non governative per raccomandare alla Commissione sulle
droghe dell’Onu una vera e propria ’revisione critica’ dello status
legale della pianta.
Attualmente, la cannabis è inserita nella
Tabella I (altamente additiva e soggetta ad abuso) e nella Tabella IV
(sostanze incluse nella Tabella I raramente utilizzate nella pratica
medica) della Convenzione Unica sugli stupefacenti del 1961. Il
principale composto psicoattivo della cannabis, delta-9-THC o
dronabinol, è anche inserito nella Tabella II della Convenzione del
1971, e molti dei suoi isomeri anche nell’Allegato I.
Questo
incrocio di collocazioni complica, e di fatto impedisce, la ricerca sui
componenti attivi della pianta a causa delle difficoltà amministrative
che gli scienziati incontrano per avere accesso alle sostanze.
Come
abbiamo avuto modo di denunciare più volte anche da qui, l’assegnazione
della cannabis nelle Tabelle I e IV della Convenzione del 1961 non
avvenne e seguito di una valutazione scientifica da parte dell’Oms;
oggi, dato il diffuso uso medico della sostanza e dei suoi derivati,
l’inclusione nella tabella IV risulta ancor meno giustificabile di 57
anni fa. Le definizioni ambigue delle sostanze legate alla cannabis e
poste sotto controllo internazionale, oltre che la classificazione delle
sue infiorescenza, resine ed estratti come “stupefacenti” e i suoi
composti attivi come “sostanze psicotrope” sono state stigmatizzate in
passato tanto dal Comitato di esperti dell’Oms quanto la giunta
internazionale sugli stupefacenti.
Per arrivare a una
raccomandazione finale il percorso resta lungo, dovranno essere studiati
gli aspetti chimici, farmacologici, tossicologici, epidemiologici
nonché gli usi terapeutici della pianta. Si prevedono anche contributi
della società civile e l’Associazione Luca Coscioni, Forum Droghe e la
Società della Ragione hanno presentato un documento sui progressi
italiani sostenendo la revisione denunciando violazioni del “diritto
alla scienza” perché si impedisce la ricerca su una pianta il cui ultimo
studio internazionale risale al 1935.
Nei prossimi mesi l’Onu
sarà messa di fronte alla necessità di bilanciare il “principio di
precauzione” proibizionista con le innovazioni tecno-scientifiche
occorse in tutto il mondo recentemente. Sebbene lo avessimo suggerito
proprio da queste pagine l’autunno scorso, l’Italia non ha partecipato
alla fase di pre-revisione, eppure da 10 anni aggiorna continuamente il
proprio quadro normativo sulla “cannabis terapeutica”; vedremo se il
sedicente ’Governo del Cambiamento” saprà cogliere questa occasione
storica.
Tutte le notizie sulla cannabis terapeutica nello
speciale mensile La cannabis che cura della newsletter di Fuoriluogo.
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