il manifesto 13.6.18
Nuovo assetto, ci guadagna la Cina
Pax
asiatica. A Pechino serve un’Asia che non sia turbolenta per il suo
sviluppo economico, per la Nuova via della Seta, per la vendita anche
all’estero di robotica e prodotti legati all’intelligenza artificiale
di Simone Pieranni
Lo
storico summit tra Kim e Trump a Singapore potrebbe regalare un periodo
di tranquillità all’Asia. E se lo stato delle cose reggerà questo
strambo equilibrio paventato, a uscire come vincitrice strategica della
recente girandola diplomatica sarà la Cina.
Il presidente
sudcoreano Moon Jae-in rimarrà nella storia come il vero artefice di
questo straordinario avvicinamento tra Usa e Corea del Nord, ma al
momento sembra essere Pechino a guadagnarci di più dal nuovo assetto che
pare definirsi.
Al di là degli aspetti mediatici e di quelli
legati al «documento» firmato in modo solenne da Trump e Kim, un insieme
di punti troppo vaghi per essere presi sul serio, la vera notizia del
meeting di Singapore è quella rivelata da Trump durante la sua
conferenza stampa prima di lasciare Singapore.
Il presidente degli
Stati uniti ha specificato che a fronte delle promesse di Kim di
distruggere un non meglio identificato «grande» sito di test
missilistici, da parte loro gli Usa si impegnano a non effettuare più
esercitazioni congiunte con la Corea del Sud. Il presidente americano ha
giustificato questa scelta argomentando che costano troppo. Ma la
rivelazione è potente: restano le sanzioni, restano le basi, a quanto
detto, ma saltano le esercitazioni. Si va dunque verso la situazione
ideale per Pechino: una Corea del Nord bloccata nella sua escandescenza e
nel suo mettere a repentaglio in continuazione la pace nella regione e
una Corea del Sud che – pur avendo le basi americane sul proprio
territorio – comincia ad allontanarsi militarmente da Washington.
Ma
la ragione della gioia di Xi Jinping di fronte a questo scenario, non
risiede solo nelle strategie militari. La Cina sta rafforzando il
proprio esercito, specie la marina, sta andando verso un corpo militare
iper specializzato e composto da squadre d’élite, ma sa bene che la
distanza dagli Usa in quel campo è ancora eccessiva.
Ma non è
quello il punto che interessa a Pechino. Alla Cina ora come ora servono
condizioni ideali per il suo sviluppo economico, per la Nuova via della
Seta, per la vendita anche all’estero di robotica e prodotti legati
all’intelligenza artificiale. Serve un’Asia che non sia turbolenta.
Con
Seul i problemi ci sono da molto tempo, ci sono stati boicottaggi
commerciali, perfino delle pop star sudcoreane, i rapporti tra i due
paesi sono stati a lungo più che tesi. Con l’avvento di Moon e la sua
politica di apertura anche nei confronti di Pechino, il clima è
cambiato.
La Cina ha cominciato a riavviare rapporti commerciali e
la Corea del Sud potrebbe fornire vantaggi non da poco alle aziende
cinesi e agli scopi di Xi nella regione. Tanto più adesso che il Vietnam
torna a contestare la presenza e l’influenza cinese sul proprio
territorio – con il Giappone che «orfano» di un alleato forte come gli
Usa sta espandendo il suo interesse proprio lì, come la Russia – la Cina
ha bisogno di Seul.
La novità annunciata da Trump – dunque-
potenzialmente rafforza la Cina in una regione i cui equilibri sono in
via di ridefinizione.
E poi c’è la Corea del Nord. Con il regime
di Kim al sicuro e militarmente tranquillo, il territorio sopra il
trentottesimo parallelo diventa interessante. Per Seul, ovviamente. Per
Pechino, per mille motivi. Ma anche per la Russia e per il Giappone.
Mosca
si è già detta pronta a contribuire in infrastrutture: Lavrov, non a
caso, pochi giorni fa era a Pyongyang. Il Giappone ha detto che se Kim
restituirà i giapponesi rapiti è pronta a cooperare per una rinascita
economica del paese.
La «pace» quindi potrebbe aprirebbe una nuova fase nella regione asiatica.