il manifesto 13.6.18
I sette remi e le stelle dei naviganti
Arte
pubblica. A Piazza Copernico, nel quartiere Pigneto di Roma, fino al
prossimo 30 giugno si può vedere il Monumento di Davide Dormino, un
invito a superare i muri e le barriere e un omaggio ai migranti
di Nicolas Martino
Che
l’Europa, per esistere come spazio politico, debba reinventarsi è un
assunto difficilmente contestabile, se non a partire da un’idea
mortifera che l’ha condannata a essere un territorio sempre più diviso e
povero, assediato e strangolato dalle politiche monetarie delle banche
internazionali. Che questa reinvenzione debba passare attraverso uno
sforzo di grande immaginazione, estetica e politica, è altrettanto
evidente. E qui l’opera d’arte può giocare un ruolo sociale decisivo, al
di là dello stesso sistema dell’arte.
ATTRAVERSANDO con
attenzione le piazze delle nostre città ci accorgeremo che queste sono
zeppe di monumenti ai caduti e ai patrioti, orribili sepolcri
sacrificali che celebrano le politiche di morte promosse dal capitale
«nazionale» e dalle sue guerre gestite dalle classi dirigenti, ovvero
dal «lavoro intellettuale» contro il «lavoro manuale», dal «lavoro
morto» contro il «lavoro vivo». Che i partiti socialisti abbiano votato i
crediti di guerra durante il primo conflitto mondiale continua a essere
una macchia vergognosa che testimonia tutta la psicopatologia tragica
del secolo passato. Ecco, quelle opere sarebbe bene abbatterle una per
una e sostituirle con dei monumenti all’immaginazione e alla forza
creativa.
E QUESTO FA DAVIDE DORMINO con il suo ultimo lavoro
intitolato Naviganti – Monumento all’immaginazione, installato a Piazza
Copernico, nel quartiere Pigneto di Roma, fino al prossimo 30 giugno.
Sette grandi remi sono poggiati su un muro e si levano verso il cielo,
ossia verso l’azzurro infinito del mare, dalla murata di una nave che
fende le acque. Un’opera che capovolge la realtà visiva, come quella
sociale, dove il diritto di fuga e la libertà di movimento vengono
negati dall’innalzamento continuo di muri e reti, confini fisici e
immateriali, che trattengono i corpi e le menti di chi vuole
attraversare liberamente l’Europa, e di chi, dall’altra parte e al
contrario, pensa di farne un baluardo identitario e sovrano da difendere
con le politiche della paura.
SETTE REMI, come sette sono le
stelle dei naviganti, e sette le virtù e i peccati, un numero «magico»
per eccellenza, dove la magia altro non è che riattivazione
dell’immaginazione critica contro il finto realismo che nega quel
«possibile» che solo non ci fa soffocare. Tutto è possibile, afferma
invece quest’opera, che attraversa quella potenza che da Frankenhausen
arriva fino a Non una di meno e ai movimenti migranti, passando per il
Maggio parigino e il ’77 italiano. Tutto, e quindi anche disertare, come
ci invita a fare sempre Dormino in una plaquette ispirata alla famosa
canzone antimilitarista di Boris Vian, appena pubblicata da Vacuum
Editions–Edizioni Sottovuoto, e stampata dall’Opificio della Rosa in 100
copie numerate.
DISERTARE LE POLITICHE securitarie e le
ossessioni identitarie che vanno a braccetto con le tanatopolitiche
neoliberiste, ma disertare anche da sé stessi e dalla malsana e
disgraziata idea di autenticità attorno alla quale tanto insisteva il
nazi della Foresta Nera. Disertare dai ruoli, come già fece negli anni
’70 quella forza lavoro giovanile che fuggì dalle fabbriche e come
fecero gli operai americani che a metà ’800 scelsero la frontiera e una
nuova vita. Infine, ci ricorda Dormino, disertare è necessario per
imparare a navigare, e quindi a cospirare, ovvero a respirare insieme.