il manifesto 12.6.18
«La Spagna è un porto sicuro», Sánchez offre Valencia
Immigrazione.
Il nuovo governo nel segno della solidarietà: «La nave Aquarius venga
da noi». Per l’accoglienza dei profughi si sono già fatti avanti Paesi
baschi, Navarra, Baleari, Extremadura, Madrid e Barcellona
di Luca Tancredi Barone
BARCELLONA
«Il presidente del governo, Pedro Sánchez, ha dato istruzioni perché la
Spagna rispetti gli accordi internazionali in materia di crisi
umanitarie e ha annunciato che accoglierà in un porto spagnolo la nave
Aquarius, nella quale si trovano più di 600 persone abbandonate alla
loro sorte nel Mediterraneo. Per questa ragione, è nostro obbligo
aiutare a evitare una catastrofe umanitaria e offrire ‘un porto sicuro’ a
queste persone, rispettando gli obblighi del Diritto internazionale».
Con
questo comunicato, il governo spagnolo ha sbloccato ieri la tragica
vicenda della nave Aquarius e dei suoi 629 profughi in condizioni
estreme. Il breve testo è arrivato nel primo pomeriggio di ieri, dopo
che sindaci come Ada Colau (Barcellona), Manuela Carmena (Madrid) e Joan
Ribó (Valencia) avevano chiesto al governo centrale di prendere
posizione sulla crisi in atto nelle acque antistanti le coste italiane.
Ed è proprio la città di Valencia quella scelta da Sánchez per
accogliere i profughi. La comunità valenziana è guidata dal compagno di
partito (ma non di cordata) di Sánchez, Ximo Puig, appoggiato da
Compromís, partito alleato di Podemos, mentre il sindaco valenziano, di
Compromís, Joan Ribó, guida una giunta appoggiata dai socialisti.
Anche
Alberto Garzón, leader di Izquerda Unida, in mattinata aveva chiesto al
nuovo esecutivo di Madrid di offrire i suoi porti e suoi mezzi «per
salvaguardare i diritti umani che il governo italiano nega». E in un
tweet Podemos qualifica come «buona decisione» quella presa da Sánchez e
gli chiede finalmente di rispettare la quota di rifugiati che la Spagna
si era impegnata ad accogliere con l’Unione Europea. Delle 17.337
persone che il governo Rajoy aveva promesso di accettare (più di 9mila
delle quali erano «obbligatorie»), ne sono arrivate meno di 2mila. I
restanti paesi europei, in media, ne hanno accolte fra il 50% e il 60%
di quelle accordate, secondo i dati resi noti da Oxfam Intermon proprio
pochi giorni fa. La scadenza per questi impegni (presi nel 2015) è la
fine di settembre di quest’anno.
Il neopresidente,
dall’insediamento del suo governo, si sta muovendo con molta accortezza,
misurando con attenzione i gesti e i segnali. Il primo presidente a
giurare senza Bibbia e crocifisso – il gesto simbolico che ha aperto la
stagione del nuovo governo – ha dato una lezione di umanità a chi in
Italia, come i ministri Di Maio e Salvini, e il premier Conte, della
religione fanno sfoggio. Anche nel caso Aquarius, così come avvenne con
la fulminea mozione di sfiducia a Rajoy subito dopo la sentenza sulla
corruzione del Partito popolare (a proposito, ieri, è arrivata un’altra
batosta per il ramo valenziano del partito, con un’ulteriore sentenza
per corruzione), Sánchez ha colto l’opportunità al volo di lanciare un
messaggio. Sia verso l’Europa, sia verso chi in Spagna gli reclamava un
ulteriore gesto di discontinuità rispetto al suo antecessore.
Due
settimane fa una decisione di questo genere sarebbe stata impensabile:
la stessa Ada Colau durante la crisi per la nave di Proactiva Open Arms
bloccata dal governo italiano a marzo spiegava al manifesto che «il
problema è che i porti li controlla lo stato, così come i flussi
migratori», aggiungendo che se fosse uno stato, «la città di Barcellona
farebbe di tutto per accogliere le navi di Open Arms e salvare esseri
umani». Allora il governo spagnolo fu molto tiepido (pur appoggiando la
Ong catalana). Stavolta Sánchez ha preso il toro per le corna.
Il
neo ministro degli Affari esteri, Ue e cooperazione Josep Borrell ha
dichiarato che la decisione, che ha definito «personale e diretta» del
capo del governo, è «senza dubbio una vittoria per la gente che sta
sulla nave».
Intanto si moltiplicano le offerte di aiuto: il capo
del governo basco, il lehendakari Iñigo Urkullu si è già offerto di
accogliere in Euskadi una sessantina di profughi. Analoga proposta è
arrivata anche dalla Navarra, dalle Baleari, dall’Extremadura e dalle
città di Barcellona e Madrid. La vicepresidente valenziana Mónica Oltra
ha ringraziato pubblicamente Sánchez per la «rapidità» e «sensibilità»
con la quale ha risposto il governo e ha annunciato che offrirà all’Onu
Valencia come «porto sicuro» (safe harbour).