il manifesto 12.6.18
Destra mutante, M5S sotto schiaffo, Sinistra in apnea
di Norma Rangeri
A
gran velocità nel processo di mutazione della destra italiana, il voto
amministrativo ha acceso un grande semaforo verde per la Lega che corre
portandosi dietro tutto il centrodestra. Per i 5Stelle il semaforo ha
fatto scattare la luce gialla della frenata e in alcuni casi, per
esempio nei due mega-municipi di Roma, quella rossa della sconfitta.
L’avanzata
leghista, significativamente al ballottaggio in una città simbolo come
Terni, premia la propaganda da pugno di ferro contro l’immigrazione, con
annessa guerra ai nuovi schiavi che «rubano il lavoro agli italiani».
Il voto amministrativo conferma questa impronta culturale, in linea con
quello politico del 4 marzo e con l’attuale assetto del governo
gialloverde.
La voce grossa di Salvini sovrasta quella dei 5Stelle
sull’immigrazione, e non solo. Il partito di Di Maio parla con voci
diverse, da quella del sindaco di Livorno Nogarin al presidente della
Camera Fico, a quella di altri parlamentari e consiglieri pentastellati.
La
forza propulsiva della Lega, che riprende Treviso al Pd, fa man bassa a
Pisa, dove diventa il primo partito, porta Siena e Imola al
ballottaggio, lascia poco spazio ai ragionamenti che pure
inevitabilmente i fattori puramente localistici del voto comportano (per
esempio la resurrezione di Scajola a Imperia).
Per effetto della
locomotiva leghista al centro-nord, o a causa delle liste civiche dei
potentati di sempre al Sud (Catania e Messina), il centrodestra, di
lotta e di governo, da palazzo Chigi e dall’opposizione, domenica ha
fatto man bassa.
Il Pd, il partito che secondo l’ex ministro
Orlando «non esiste più in gran parte del paese», prende il sindaco a
Trapani e a Brescia, e spera nei ballottaggi. Dove però potrebbe essere
definitivamente cancellato dal possibile sommarsi dei voti pentastellati
e leghisti, avversari ovunque al primo turno, ma possibili alleati nel
secondo e decisivo round. E se, proprio in polemica con Orlando, l’ex
presidente del consiglio Gentiloni tenta di rincuorare la base
osservando che «forse la notizia della morte del Pd era esagerata», vuol
dire che, allo stato dei fatti, basta galleggiare per esistere.
Dentro
la battaglia nazionale ingaggiata dai partiti soprattutto nei venti
capoluoghi, nella Capitale c’è stata una sfida municipale assai
significativa. Due municipi erano chiamati a elezioni anticipate per la
crisi nella stessa maggioranza pentastellata innescata dalle dimissioni
di alcuni consiglieri. A Roma, dove governa la sindaca Raggi ormai da
due anni, i 5Stelle subiscono una dura batosta.
Se si considera
che una sola delle due municipalità (la zona est) conta 200mila
abitanti, quanti una città grande come Trieste, è evidente il peso di un
risultato che punisce i grillini e premia lo schieramento di
centrosinistra. Tuttavia sarebbe saggio non indulgere a facili
entusiasmi: i romani chiamati alle urne non hanno nemmeno raggiunto un
terzo dei votanti fermandosi al minimo storico del 26% quando solo alle
ultime elezioni regionali aveva votato il 66%. Tutti gli altri, la
grande maggioranza del 70% di questa enorme fetta di città, ha preferito
andare al mare.