domenica 10 giugno 2018

il manifesto 10.6.18
Ucraina, pogrom di Stato contro la comunità rom
Kiev. Un'altra azione di pulizia etnica, nel parco Goloseyevsky, della squadraccia di veterani neonazisti della Guardia Nazionale
Il pogrom dei rom nel parco Goloseyevsky di Kiev
di Yurii Colombo


MOSCA Non fanno più notizia ormai sulla stampa ucraina i pogrom contro le comunità rom. Neppure se si configurano come “pogrom di Stato” premeditati, organizzati e portati a termine da strutture facenti parte della Guardia Nazionale, come quello consumatosi giovedì scorso nei dintorni di Kiev. Alle 13.03, sulla pagina ufficiale di Facebook del Corpo Nazionale (una struttura di vigilantes inseriti ufficialmente dal ministero degli interni tra i reparti della polizia ucraina e composta da veterani del Donbass del battaglione neonazista Azov) dava 24 ore di tempo alla comunità rom residente presso il parco Goloseyevsky «per sbaraccare con tutte le loro schifezze». Ma alle 18.45 lo stesso sito dichiarava entusiasticamente di aver già portato a termine l’azione di «pulizia» nel parco e di aver eliminato ogni traccia degli «sporchi zingari». I commenti al post erano da far rizzare i capelli: «Abbattere i rifiuti biodegradabili! È un peccato non aver potuto portare a termine il lavoro negli anni ’40 contro questa società di pidocchi» erano quelli più moderati. Un’azione premeditata realizzata alla presenza dei giornalisti e della polizia. In un video fatto circolare su youtube si vedono i neofascisti in divisa portare terrore nel campo nomadi armati di asce: bambini e donne che urlano mentre le tende vengono distrutte e bruciate.
Che si tratti di un salto di qualità è confermato dal fatto che la sera stessa il Corpo Nazionale ha rivendicato ancora più apertamente l’azione diffondendo presso le stazioni della metropolitana di Kiev Goloseevskaya e Vasylkivska un volantino dal titolo inequivocabile: «Per i rom non c’è posto in Ucraina», illustrato con una foto di bambino rom con una croce sbarrata. Per questi criminali non si è trattato di un pogrom ma di una «normale azione di pulizia». Una vera e propria pulizia etnica, pensata, gestita e portata a termine da strutture riconosciute e finanziate dallo Stato ucraino.
Il giorno successivo, la notizia è stata coperta solo con qualche trafiletto dai giornali della capitale. L’azione è stata valutata al più come «una bravata» e un «episodio da censurare», ma nessuno stupore per il fatto che l’azione sia stata compiuta di fatto dalla Guardia Nazionale.
Neppure i richiami dell’Onu di qualche settimana fa dopo l’odioso pogrom anti-rom alle pendici del Monte Calvo, e la successiva deportazione in Ucraina occidentale, hanno fatto desistere i gruppi dell’estrema destra.
La società civile ucraina osserva distratta lo scivolamento del paese verso l’abisso. Minacce e violenze contro giornalisti indipendenti e attivisti dei diritti umani sono all’ordine del giorno. Il governo prima di andare al voto nel 2019, sta varando in tutta fretta le “riforme” e le privatizzazioni che il Fmi richiede da anni, mentre tra la gente cresce la paura e l’incertezza per un prossimo vociferato default dell’economia del Paese. E l’estrema destra, sempre più unita vola al 15% nei sondaggi.