il manifesto 10.6.18
La Linke spaccata sulle frontiere aperte. C’è aria di scissione
Germania.
Si chiude oggi il congresso di Lipsia. Riconfermata la segretaria
Kipping, ma la fronda capeggiata dalla capogruppo Wagenknecht e da
Lafontaine rema contro la linea no-borders
Per una significativa
parte del partito il principio deil’apertura incondizionata vale solo
per i perseguitati che chiedono asilo.
di Jacopo Rosatelli
«Nel
nostro partito non ci sono né razzisti né neoliberali». Un’affermazione
apparentemente ovvia, quella di Katja Kipping, dalla tribuna del
congresso della Linke che si chiude oggi a Lipsia. Solo apparentemente,
però. Il cuore delle assise del principale partito della sinistra
tedesca di opposizione sta in una controversia che lo sta portando al
limite della lacerazione. Da una parte, i seguaci dei due segretari
Kipping e Bernd Riexinger (più Gregor Gysi, attualmente numero uno della
Sinistra europea), e dall’altra i sostenitori della capogruppo al
parlamento federale Sahra Wagenknecht. Nella rappresentazione degli
ultrà dei due schieramenti, rispettivamente: i «neoliberali» contro i
«razzisti». Definizioni diffamatorie figlie delle diverse posizioni sul
tema-chiave dei migranti. In sintesi: per i segretari, la Linke non deve
rinunciare alla parola d’ordine delle frontiere aperte per tutti, per
la capogruppo l’apertura incondizionata vale solo per i perseguitati che
chiedono asilo.
Una spaccatura interna frutto dell’onda lunga
della crisi dei rifugiati che investì la Germania – e la cancelliera
Angela Merkel – nel 2015 e, soprattutto, dell’ascesa della destra
nazionalista di Alternative für Deutschland (Afd), capace di mietere
consensi anche in quell’elettorato popolare dei Länder dell’Est bacino
della Linke. Per la carismatica capogruppo Wagenknecht – e per l’ancora
influente ex leader Oskar Lafontaine – il partito deve correggere linea:
l’enfasi no-borders manda i più anziani, i poveri e i disoccupati nelle
braccia dell’Afd. L’attuale Linke – questa è l’accusa – piace ai
giovani alternativi e di classe media dei centri urbani, e il partito si
sta trasformando in una sorta di riedizione dei Verdi. Secondo Kipping
non è così: «Se osservo i nostri giovani nuovi iscritti, non vedo
hipster, non vedo nuovi verdi. Io vedo persone che con meravigliosa
naturalezza sanno che la solidarietà verso i profughi e la difesa dello
stato sociale sono una cosa sola. La Linke del XXI secolo ha bisogno
della generazione del XXI secolo».
Nel suo discorso Kipping ha
teso una mano a Wagenknecht, ma ha attaccato Lafontaine (che di
Wagenknecht è anche compagno di vita): «Se il partito assume
democraticamente una posizione, lui non la metta costantemente in
discussione sui media». Posizione che ieri i delegati hanno assunto,
approvando un documento congressuale in cui è scritto: lotta alle cause
delle migrazioni (guerre, export di armi, sfruttamento), «corridoi
umanitari sicuri, frontiere aperte e un sistema di accoglienza e
distribuzione dei profughi in Europa rispettoso della dignità umana», e
«diritti sociali per tutti». Sul punto simbolico delle frontiere, la
formulazione è volutamente ambigua: non si dice per chi debbano essere
aperte. Tutti o no? Un’indeterminatezza che ha permesso l’adozione quasi
unanime della mozione.
Il passaggio anti-Lafontaine del discorso
di Kipping non è andato giù agli avversari interni. Si spiega così la
percentuale bassa con la quale la co-segretaria ieri è stata confermata
nel suo incarico: appena il 64,5%, dieci punti in meno che alle assise
precedenti. Meglio ha fatto Riexinger, ottenendo il 73,8%. Non c’erano
candidati alternativi, la rielezione di entrambi era scontata, il dato
politico stava tutto nella percentuale del loro consenso: e da ieri è
più evidente che il clima nel partito è ancora lontano dal rasserenarsi.
Lo dimostra anche l’unica situazione in cui i delegati hanno dovuto
scegliere tra due persone riconducibili ciascuna ai due diversi gruppi:
l’elezione del segretario organizzativo, il numero tre nella gerarchia
interna. In uno scrutinio al cardiopalma si è imposto l’uomo di Kipping e
Riexinger per soli 3 voti di scarto (su 550 totali).
Molto
importante sarà l’intervento che farà questa mattina Wagenknecht:
l’attesa è massima per capire se prevarranno i toni concilianti o quelli
da battaglia. E soprattutto per comprendere meglio cosa la capogruppo
intenda quando vagheggia della creazione di un «movimento di sinistra»
che accomuni militanti della Linke a delusi del Partito
socialdemocratico (Spd) e dei Verdi. Nelle intenzioni della capogruppo è
una strategia per costruire una maggioranza alternativa alla grande
coalizione fra democristiani (Cdu/Csu) e Spd che attualmente governa il
Paese. C’è chi teme, invece, possa significare né più né meno che una
«classica» scissione. Se fosse così, difficile immaginare che per la
sinistra tedesca, ed europea, possa essere un bene.