martedì 26 giugno 2018

Il Fatto 26.6.18
Super Erdogan, ma i curdi festeggiano lo stesso
Dopo il voto - L’Hdp passa da 59 a 67 seggi anche se il leader Demirtas ha fatto campagna dal carcere
di Roberta Zunini


Anche le condizioni climatiche sono dalla sua parte: il giorno dopo la vittoria, il vento in aumento fa salire sempre più in alto nel cielo sopra il Bosforo il volto di Erdogan stampato su giganteschi stendardi, assicurati agli ultimi piani dei grattacieli con fili invisibili . Il Sultano ora sembra anche in grado di volare e sorvegliare dall’empireo ogni mossa dei comuni mortali turchi che si sono precipitati in massa alle urne, per incoronarlo definitivamente.
Dopo aver battuto al primo turno gli avversari alle presidenziali e ottenuto la maggioranza assoluta dei voti in parlamento grazie alla alleanza pre elettorale del suo partito della Giustizia e Sviluppo, Akp, con i nazionalisti eredi dei Lupi grigi, il reis non avrà più contrappesi a bloccarne le decisioni. Da ieri infatti la Turchia non è più una repubblica parlamentare, bensì presidenziale ed Erdogan avrà ufficialmente nelle proprie mani la maggior parte dei poteri derivanti dal cambiamento della Costituzione, sancito lo scorso anno via referendum. Guardando la mappa del voto, la marea (l’affluenza ha superato l’80 per cento) gialla, il colore dell’Akp, ha travolto non solo l’Anatolia profonda – dove c’è lo zoccolo duro dei suoi fedeli – rurale e da sempre povera, bensì anche le grandi città, a partire da Istanbul, città natale del ‘presidentissimo’ dove venne eletto sindaco vent’anni fa, iniziando la propria carriera.
Eppure le previsioni, almeno per le città, sembravano di segno opposto. Ha avuto dunque ragione Erdogan ad ascoltare l’alleato nazionalista, il vecchio e controverso Devlet Bahceli, nel volere anticipare le consultazioni di un anno e mezzo. La drammatica svalutazione della lira turca , l’inflazione ormai a due cifre e la nascita di un nuovo partito (l’Iyi) in seguito alla fuoriuscita di parte dei nazionalisti guidati da Meral Aksener, ha preoccupato sia Erdogan sia Bahceli, convincendoli a cambiare la legge elettorale per unire le forze e sconfiggere l’opposizione, partito repubblicano in testa. Tra l’uomo forte e il rivale laico e amante della scienza come il professore di fisica Muharrem Ince, i turchi hanno scelto il primo anche perché la crisi economica non è ancora drammatica.
Ma Erdogan è stato riconfermato solo per due punti percentuali, che gli hanno permesso di superare il 50%. Significa che il paese è diviso a metà tra gli ‘erdoganiani’ più i nazionalisti del MHP e una metà frammentata che non è riuscita a coalizzarsi a favore del repubblicano Chp.
A ben guardare anche se quest’ultimo ha perso voti rispetto alle precedenti legislative, il candidato scelto per sfidare il Sultano, il professor Ince ha ottenuto un buon risultato che ha mitigato la perdita di voti del partito e dimostrato che l’opposizione è ricomparsa all’orizzonte. Peccato che da ora servirà ancora a meno visto che non ci sarà più la figura del primo ministro. L’unico dato positivo per i detrattori di Erdogan è la tenuta del partito filo-curdo Hdp che è riuscito a rimanere in Parlamento superando la soglia di sbarramento del 10%.
Rispetto alle precedenti elezioni hanno ottenuto più seggi: da 59 a 67. Per questo i curdi hanno festeggiato comunque.
“Essere stato costretto a fare campagna in condizioni di detenzione è stata la più grande delle ingiustizie. Mente gli altri candidati hanno potuto fare 100 comizi, io ho potuto inviare 100 tweet”. Lo ha scritto su Twitter, Selahattin Demirtas, il candidato curdo alla presidenza, che ha ottenuto l’8,4%.