Il Fatto 13.6.18
Macron attacca sui rifugiati pensando a banche e Libia
“Vomitevole”.
Il portavoce del partito del presidente e poi quello dell’Eliseo
stroncano le mosse del governo sul caso Ong per indebolire l’Italia in
Ue
di Stefano Feltri
Ma cosa vuole Emmanuel
Macron? Se lo chiedono tutti, nel governo Conte e non solo, quando
capiscono che non di gaffe si è trattato ma di un attacco preciso
all’Italia che usa come pretesto la scelta del ministro dell’Interno
Matteo Salvini di bloccare la nave Aquarius carica di migranti. Prima
c’è l’intervista tv di Gabriel Attal, , portavoce di En Marche!, il
partito del presidente francese: la mossa di Salvini è “vomitevole”. Poi
interviene però anche il portavoce dell’Eliseo a precisare i toni ma
non la sostanza: “Una forma di cinismo e di irresponsabilità”. Il
messaggio è chiaro e ufficiale, tanto che anche Palazzo Chigi deve
rispondere in modo ufficiale, con una nota: “L’Italia non può accettare
lezioni ipocrite da Paesi che in tema di immigrazione hanno sempre
preferito voltare la testa dall’altra parte”.
Il caso diplomatico
spiazza molti, nell’esecutivo. Soprattutto perché Marcon era stato il
primo leader a dare una legittimazione a Giuseppe Conte, con una
telefonata irrituale il 26 maggio, quando il professore aveva soltanto
ricevuto l’incarico di formare il governo ma ancora non si era ancora
insediato. Che Macron non fosse poi così amico si è capito pochi giorni
dopo quando la Francia ha convocato a Parigi i protagonisti della
politica libica – tra cui il premier Al Serraj (sostenuto dall’Italia) e
il generale Kalifa Haftar (appoggiato dalla Francia) – per discutere
dei nuovi equilibri nel Paese. Un vertice così segreto che l’Eliseo non
aveva informato neppure l’inviato dell’Onu, Ghassan Salamè. Men che meno
l’Italia.
Il tentativo di Macron è duplice: presentarsi a livello
Ue come campione di europeismo e argine alle derive populiste della
vicina Italia, così da favorire anche soluzioni comunitarie sui dossier a
cui è interessato (tra questi la Difesa). Ma anche – e forse
soprattutto – colpire l’Italia sulla gestione dei migranti per
indebolirla sulle partite economiche che contano davvero. Un veterano
come il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha visto questo
schema molte volte nelle sue esperienze precedenti con i governi Letta e
Monti: la Francia si professa amica dell’Italia e si offre come argine
contro la Germania, i politici italiani si fidano per poi scoprire che
invece Parigi persegue soltanto l’interesse nazionale. Per questo
Moavero aveva raccomandato ai suoi colleghi neofiti meno entusiasmo nel
leggere in quelle prime aperture di Macron la premessa di un’alleanza
vera.
Dalla riunione di tre ore del premier Conte con i ministri
economici – Giovanni Tria (Tesoro), Paolo Savona (Affari europei), Enzo
Moavero (Esteri) – è filtrato lo slogan “la musica deve cambiare”. E
questo significa suonare meno la Marsigliese e più Inno di Mameli su
molte partite concrete, che con i migranti c’entrano ben poco. I dossier
discussi e che sembrano essere la spiegazione degli improvvisi attacchi
di Macron sul caso Aquarius sono i seguenti. Primo: le nuove regole
sulla gestione delle sofferenze nei bilanci delle banche. La Francia
tiene una linea in apparenza suicida, cioè appoggiare le richieste
tedesche di maggiore severità. Verrebbero colpite anche le banche
francesi, ma soprattutto quelle italiane. E poiché sembra alle viste una
nuova stagione di fusioni bancarie, gli istituti francesi potrebbero
comprare quelli italiani a prezzi ridotti. Il Financial Times ha appena
rilanciato la voce che circola da tempo di un matrimonio tra Unicredit e
Société Génerale.
La Francia, con l’assenso della Germania, sta
poi spingendo per un nuovo fondo per il digitale aggiuntivo rispetto
alle risorse comunitarie. L’Italia si troverebbe a essere il terzo
contribuente (in base al Pil), ma poi le gare le vincerebbero le imprese
francesi, più attrezzate. Un’Italia additata in Europa come dominata
dal sovranista e xenofobo Salvini sarà più facile da piegare ai tavoli
in cui si parla di altro.
Mentre Eliseo e Palazzo Chigi duellavano
a colpi di dichiarazioni, infatti, il ministro del Tesoro Giovanni Tria
annunciava due vertici bilaterali proprio con i suoi omologhi in
Germania (Olaf Scholz) e proprio in Francia (Bruno Le Maire). E Salvini
si prepara ad andare in Libia, per dare il segnale che non è solo Macron
a decidere i destini del Paese cruciale per i flussi migratori che
arrivano in Italia. Il duello con la Francia continua.