Corriere La Lettura 10.6.18
Eracle è una donna «È la mia rivincita»
Emma
Dante porta in scena al Teatro Greco di Siracusa la tragedia di
Euripide, il drammaturgo forse più misogino tra gli autori classici
intervista di Emilia Costantini
La
monumentale scena di marmo evoca un cimitero. L’eroe, Eracle, in preda a
un delirio di follia orchestrato da Era, sua nemica giurata, al suo
ritorno dagli inferi uccide la moglie e i tre figli senza rendersene
conto. Quando riprende coscienza, rinsavisce e capisce di essere un
mostro assassino per l’atroce misfatto compiuto, cade in depressione e
medita il suicidio. Lo salva l’amico Teseo che, per scuoterlo dalla sua
costernazione, gli grida: «Se qualcuno ti vedesse ora, riderebbe di te!
Ti comporti come una donna!».
Sono tutte donne le attrici scelte
da Emma Dante per il suo debutto assoluto al Festival del Teatro Greco
di Siracusa con Eracle di Euripide, in scena fino al 23 giugno.
Protagonista nel ruolo del titolo Mariagiulia Colace. Tra le altre
attrici, Carlotta Viscovo (Teseo), Naike Anna Silipo (Megara), Patricia
Zanco (Lico), Arianna Pozzoli (Lyssa), Serena Barone (Anfitrione),
Francesca Laviosa (Iris).
«Sì, ma non è semplicemente un Eracle
femmina — puntualizza la regista —. Mi diverte sovvertire le regole. Le
mie attrici interpretano ruoli maschili così come per secoli gli attori
si sono divertiti a interpretare ruoli femminili. È un modo per
confrontarsi con un mondo di uomini da parte di noi donne. Ho voluto
soprattutto mostrare il volto fragile, l’umanità dell’eroe tragico, ma
anche la determinazione di cui le donne sono capaci. Non faccio una
questione di genere, è un dato di fatto».
La fragilità, l’umanità, la determinazione e anche la sensualità?
«In
palcoscenico si muovono corpi statuari di donne belle e seducenti,
chiusi in corazze e armature: una contraddizione che crea fascino,
stupore e anche fastidio. Una reazione che mi ha divertito».
In che senso?
«Durante
le repliche ho avvertito il disappunto nei commenti di alcuni
spettatori nel veder rappresentati alcuni super eroi, semidei, da una
schiera di corpi femminili dalle forme morbide, direi erotiche. Disturba
vedere donne combattenti, che impersonano personaggi mitologici e mi
chiedo perché».
E quale risposta si è data?
«Non ho trovato
una risposta. Quello che posso dire è che Euripide è forse il più
misogino degli autori classici: la sua visione della donna è di solito
quella di una barbara, per esempio Medea che uccide i figli, oppure una
donna che subisce, prendendo su di sé le colpe di padri o mariti. Nelle
tragedie euripidee non c’è scampo: le donne sono o delle carnefici o
delle martiri, mentre gli uomini sono esempi di virtù e, anche se
compiono gesti orribili, vengono sempre giustificati. Medea è
assolutamente lucida mentre uccide i figli, mentre Eracle lo fa in preda
alla follia, dunque inconsapevole, dunque incolpevole. Non è questa una
giustificazione? Così stavolta ho voluto ribaltare la situazione
giocando sull’equivoco».
Quale?
«La donna, intesa come un
essere debole, prende qui fisicamente il sopravvento sul dio. D’altronde
stiamo parlando di un eroe che cade in depressione: Eracle si dispera,
piange per aver sterminato la sua famiglia e vuole togliersi la vita. È
la negazione di un vero eroe, tanto che Teseo, sorta di deus ex machina,
lo scuote richiamandolo ai suoi doveri di maschio, che però nel mio
spettacolo è femmina. Mentre ai maschi ho lasciato solo il ruolo del
coro: sono tutti vecchi, quindi asessuati, vestiti come delle suorine».
Una rivincita?
«Assolutamente
sì. Mi chiedo perché tutti i protagonisti della storia, da Odisseo a
Pinocchio, siano uomini. Perché non esiste una Pinocchia? Occorre
rompere questa consuetudine, farla finita con questa tradizione: attori e
attrici possono fare l’uno e l’altro, e soprattutto occorre dare la
possibilità alle attrici di misurarsi con il grande repertorio e non
solo con personaggi negativi o martirizzati. Di donne vittime,
purtroppo, ne abbiamo esempi quasi quotidianamente nella realtà».
Allude ai femminicidi?
«Non
solo i femminicidi, che assurgono agli “onori” della cronaca, ma mi
preoccupa soprattutto quella strisciante violenza segreta, nascosta tra
le pareti domestiche di cui spesso non si sa nulla. Mi fa tremare l’idea
di violenze non solo fisiche, ma ancora di più quelle psicologiche che
non sono da sottovalutare, serpeggiano nel silenzio e le vittime non
hanno il coraggio di denunciarle, di uscire allo scoperto. Mi sorprendo
quando penso che non è stato ancora trovato un antidoto a queste
vessazioni, che possono distruggere la vita di una persona, di una madre
e dei suoi figli che assistono».
Per lei, palermitana, è la prima volta a Siracusa.
«Eh
già... e mi capita di farlo con una tragedia che non è tra le più
riuscite di Euripide, per questo ho raccolto ancora più volentieri la
sfida. Oltretutto farla al Teatro Greco è per me un corto circuito:
concepire uno spettacolo per seimila spettatori non mi era ancora
capitato».
Andrea Camilleri, accettando di recitare per la prima
volta su questo palcoscenico il suo Tiresia, ha affermato che era
contento di essere cieco, proprio per non vedere il pubblico.
«E
ha ragione. È un luogo folgorante e mi ha fatto capire molte cose: un
tempo il teatro era una riunione politica tra il popolo e l’artista, il
drammaturgo che esprimeva le proprie idee attraverso le sue opere
rappresentate, assumendosene la responsabilità, alle Feste Dionisiache
ci andava il mondo intero! Poi nel corso dei secoli, chiudendoci dentro i
nostri teatri borghesi, ci siamo a mano a mano allontanati dal
pubblico, si è perso il concetto di agorà».
Il prossimo suo impegno, però, non sarà in teatro ma al cinema...
«Sto
scrivendo una sceneggiatura tratta dal mio spettacolo Sorelle Macaluso,
storia di cinque sorelle; la sorellanza mi interessa perché rappresenta
la solidarietà tra donne che agli uomini, guarda caso, non piace...
anzi, direi che l’hanno sempre contrastata, aizzando invece la rivalità.
In questo momento di profondi cambiamenti e rivolgimenti la solidarietà
tra donne è molto importante».