Corriere 28.6.18
Scuola, l’abolizione della chiamata diretta è un pessimo segnale
di Andrea Ichino
I
presidi sono tornati a essere come capitani di nave che non possono
scegliere il loro equipaggio, pur essendo responsabili della rotta. La
chiamata diretta dei professori da parte dei presidi era uno dei pochi
passi nella direzione giusta fatto dalla c.d. «Buona scuola», ed è stato
annullato. Il nuovo governo ha usato la scuola per fare una cattiva
«politica del lavoro», sacrificando l’interesse degli studenti a quello
della parte peggiore degli aspiranti insegnanti. Ma gli studenti e le
generazioni future non votano alle prossime elezioni. Votano invece gli
insegnanti e i sindacalisti che preferiscono le graduatorie alla
selezione discrezionale.
Discrezionalità non vuol dire arbitrio,
se guidata da incentivi corretti. Il passo in avanti della scuola
renziana era insufficiente proprio perché non aveva curato la necessità
di incentivare i presidi ad assumere gli insegnanti migliori invece che i
loro protetti. La soluzione non era, però, tornare indietro quanto
piuttosto andare avanti abbinando la discrezionalità con un sistema
efficace di valutazione. Così si fa nei sistemi che danno i risultati
migliori, perché la scuola veramente buona la fanno i buoni insegnanti.
Tutto il resto conta meno e lo dicono i dati.
Questo passo
indietro è un pessimo segnale per la scuola, ma anche per chi vuole fare
politica seriamente in questo Paese. Per definizione, la buona politica
non può dare benefici nel breve periodo e se fatta «a metà» lascia il
Paese in mezzo al guado, con i difetti della vecchia sponda e senza i
benefici della nuova. Oggi gli elettori non sono più legati ai partiti
per motivi ideologici che li aiutino a superare i costi di breve (come
accadeva nel secolo scorso). Diventano quindi soggetti al fascino del
Gatto e della Volpe, che offrono benefici immediati ma nascondono i
disastri che seguiranno dopo per tutti. Gli italiani, ahimè, perderanno
tutte le loro monete, come il povero Pinocchio.