Corriere 22.6.18
Da Forza Italia alla Lega, è cominciato il grande esodo
Le regole di Salvini: no a parlamentari e a big del Nord. Interesse per Fitto
di Tommaso Labate
ROMA
«I parlamentari di Forza Italia che vogliono passare nella Lega sono
molti di più di una decina». Sono settimane che parte della memoria del
telefonino di Giancarlo Giorgetti è destinata ai messaggini dei tanti
berlusconiani che gli chiedono un passe-partout per la maggioranza.
Peones idealmente con la valigia in mano, che ad abbandonare Forza
Italia per convertirsi alla causa di Matteo Salvini ci metterebbero meno
di un minuto. Eppure c’è un motivo se, alle confidenze del
sottosegretario a Palazzo Chigi, non è seguita tra gli azzurri quella
«caccia al traditore» che in altri tempi sarebbe scattata all’instante.
Anzi, due. Il primo è che «la Lega — come il suo leader ha ribadito a
Berlusconi anche durante l’ultimo incontro ad Arcore — non ha alcuna
intenzione né alcun interesse a prendere in casa parlamentari non
nostri». Il secondo è che la mastodontica transumanza da Forza Italia
alla Lega è un «piano nazionale» che va realizzato lentamente, pezzo
dopo pezzo, senza dare nell’occhio, seguendo regole e schemi che a via
Bellerio hanno già messo a punto.
Tanto per cominciare, salvo rare
eccezioni, non sarà accolto nel Carroccio nessun consigliere regionale
forzista lombardo, veneto o ligure. Il Nord, e soprattutto le regioni in
cui Salvini e Berlusconi governano insieme, è retto da una specie di
«equilibrio di Yalta» e romperlo sarebbe più complicato che utile.
«Nessuno di noi vuole colpire il Cavaliere», ripete Giorgetti a ogni
pie’ sospinto. E sottrargli persone nel vecchio cuore pulsante del
berlusconismo sarebbe un affronto troppo grande.
La «transumanza»
va organizzata altrove, perché altrove è più utile all’obiettivo. E lo
scopo sono le Europee dell’anno prossimo, quelle in cui il consenso
nazionale della Lega — sorpasso sul M5S compreso — può uscire dai
sondaggi per approdare nella realtà. Sono elezioni con le preferenze,
quindi servono politici coi voti. Come Raffaele Fitto, poi uscito da
Forza Italia, parlamentare europeo che punta a una riconferma. Tra i
salviniani c’è chi lo candiderebbe immediatamente, anche se la
disponibilità dell’ex ministro e governatore sarebbe tutta da
verificare. Più agevole, invece, il territorio campano. Dove l’eterna
guerra civile forzista sul territorio potrebbe portare presto tra le
braccia di Salvini il potente consigliere regionale Gianpiero Zinzi,
figlio di Domenico, già presidente della provincia di Caserta.
In
Abruzzo, dove per le Regionali si vota entro la fine dell’anno, il fuggi
fuggi solo andata da Forza Italia alla Lega, nei Comuni, è praticamente
quotidiano. Ed è culminato nel passaggio ai salviniani del potente
mister preferenze della Marsica Antonio Morgante. Un’operazione di
rafforzamento che consentirebbe ai leghisti di imporre la nomination a
governatore di Fabrizio Di Stefano, un ex deputato berlusconiano in
rotta con Forza Italia. Se l’operazione andasse in porto, e lo si capirà
presto, Di Stefano potrebbe diventare a stretto giro il primo
«leghista» (anche se con le virgolette) a guidare una regione del
centro-sud.
Perché la più clamorosa delle migrazioni da un partito
all’altro all’interno di una coalizione sta avvenendo così, quasi in
silenzio, con nomi poco noti a livello nazionale. A fari spenti, com’è
stato il sorpasso del 4 marzo. E se mai qualcuno cercasse l’inizio di
questa storia, allora bisognerebbe intercettare le brevi dei quotidiani
locali calabresi del 28 febbraio scorso. Quando mancavano pochi giorni
al voto, Enzo Cusato e Giusi Zungri — due consiglieri comunali forzisti
di Rosarno, che poi sarebbe diventata il luogo di elezione di Salvini al
Senato — annunciarono a sorpresa il passaggio al Carroccio. Come quel
personaggio del Capitale umano di Virzì: scommettendo su un fallimento,
quello di Forza Italia, avrebbero vinto. Contro ogni pronostico.