Corriere 19.6.18
Classici Bompiani pubblica uno dei capolavori dell’autore americano nella nuova traduzione di Alessandro Roffeni
Il Bartleby di Melville, mistico a sua insaputa
di Antonio Debenedetti
Scrivendo
di Perec, con la civetteria di chi frattanto strizza l’occhio e parla
d’altro, Italo Calvino ha consegnato genialmente alla posterità
Bartleby, forse il più inquietante personaggio di Melville: lo ha
definito un uomo «che vorrebbe identificarsi col nulla». Il lettore, che
vorrà fare la conoscenza di questo eterno antagonista, potrà farlo
adesso leggendo il racconto a lui intitolato Bartleby lo scrivano nella
nuova traduzione di Alessandro Roffeni (Bompiani).
Smunto, pallido
e passivo, quest’essere all’apparenza svogliato di sé e di tutto si
rivelerà ben presto irremovibile. Assunto in qualità di scrivano da un
avvocato, un buon diavolo che lavora all’ombra d’un benedicente busto di
Cicerone, alle garbate richieste del suo datore di lavoro risponderà
sempre e solo «preferirei di no». E il verbo preferire, sfumato di
cortesia e di mitezza, verrà sempre più sottolineando la sua
irriducibilità. Bartleby non vuole fare e non fa.
Ogni dettaglio
di questo racconto sottolinea l’eccezionalità d’una narrazione che
sembra raccontare la vita già riflessa nello specchio senza tempo della
morte. È un racconto dove anche il silenzio e la passività gridano senza
dire nulla e fanno paura. A sostegno d’una tale impressione si può
forse citare quanto scrisse D.H.Lavrence in una pagina infiammata:
«Melville era mistico e simbolico, però non se ne rendeva conto».