Corriere 18.6.18
Furio Colombo sfata gli stereotipi Un’enciclopedia contro le falsità
Polemica Una raccolta di scritti edita da La nave di Teseo mette in scacco le mistificazioni del razzismo
di Corrado Stajano
Sembra
venuto dall’aldilà il libro di Furio Colombo uscito proprio in questi
giorni contemporaneamente all’odissea dell’Aquarius. Si intitola
Clandestino. La caccia è aperta. Protagonisti sono i migranti, la loro
tragedia, la nostra angoscia di spettatori impotenti. Nel momento di
confusione crudele in cui stiamo vivendo, il libro (La nave di Teseo)
sembra un ex voto che serve a ragionare, un rimedio utile a smentire le
bugie che ci vengono quotidianamente ammannite, un aiuto per capire
quali potrebbero essere le soluzioni per risolvere un problema reale che
una classe dirigente imberbe, intrisa di razzismo più o meno
mascherato, non si preoccupa di trovare, attenta solo ai problemi del
potere, ignara delle conseguenze dell’alzare la voce nel consesso
internazionale. Questo in un Paese di emigranti come il nostro dove
milioni di uomini e donne, dall’Unità a oggi, hanno pagato con le
lacrime e il sangue la perdita della patria per trovare lavoro.
Furio
Colombo possiede una profonda esperienza nazionale e internazionale. Ha
insegnato alla New York University, all’Università della California di
Berkeley, alla Columbia University, ha conosciuto i grandi della terra, è
stato direttore dell’Istituto italiano di cultura di New York e in
Italia, oltre ad aver pubblicato libri di rilievo sulla politica, la
democrazia, il giornalismo, è stato parlamentare della sinistra per tre
legislature e ha diretto (dal 2001 al 2005) «l’Unità» che in quegli anni
sembrava diventata il giornale di Giustizia e Libertà.
A
differenza di tanti politici di governo, con miserrime biografie, ha le
carte in regola per discutere e far polemica. Tra l’altro ha scritto
(Laterza, 2012) il saggio Contro la Lega. L’esergo del libro chiarisce
il suo pensiero: «Avete fatto del Mediterraneo una Guantanamo in alto
mare». (Dagli atti del processo intentato dall’Alta Corte di Strasburgo
per i diritti umani che il 23 febbraio 2012 ha condannato l’Italia per
crimini contro l’umanità, su denuncia di alcuni sopravvissuti consegnati
ai libici).
Clandestino, dunque. È una raccolta di scritti di
questi ultimi anni. Tra gli altri contiene anche le risposte ai lettori
del «Fatto Quotidiano» di cui Furio Colombo era ed è editorialista.
Mette
subito le mani avanti, lo scrittore. Il libro comincia così: «Tutto
quello che vi hanno raccontato sul traffico in mare, di soldi, barche,
navi, soccorso, vita e malavita dei migranti, non è vero: in nessun
tempo, in nessun punto. Conservate questa nota e verificate quando
qualcuno presenterà le prove».
L’Italia non è assediata dai
migranti, come viene detto. La percentuale dei profughi, qui da noi, è
minore rispetto agli altri Paesi europei. Un esempio: nella penisola, lo
scorso anno, sono arrivati in 60 mila, 230 mila in Germania. Nella
polemica furibonda dei giorni passati ci si è dimenticati, tra l’altro,
di dire che la maggior parte dei migranti che vivono in Italia non sono
sfaccendati che dormono sui cartoni dei marciapiedi: il loro lavoro
accresce di circa il 9 per cento il Pil, il Prodotto interno lordo.
Clandestino
è una registrazione di eventi quotidiani. In certi ambienti la
cattiveria è diventata palpabile, con il disagio e l’insicurezza. Certi
segni destano grave preoccupazione. Sulle vetrine di alcuni negozi di
città grandi e piccole sono comparsi terrificanti cartelli con la
scritta: «Si assume personale soltanto italiano», che rammentano quel
che di atroce accadde ai tempi delle leggi razziali del 1938. Certi
princìpi, poi, che sorreggono l’idea di nazione, più da noi che nel
resto d’Europa, ugualmente in crisi, sembrano incrinarsi, con lo
smarrimento della fede nel progresso sociale e civile e con la caduta di
tante speranze. (Mentre nei centri piccoli e grandi non pochi si
arrabattano, inventano, creano, ma mancano i ponti di collegamento,
manca la politica. Si discute di persone, di posti, non di problemi).
In
gran parte del Paese, in contrasto con la propaganda razzista della
Lega, che un tempo si accaniva contro il Sud e i meridionali — «Affrica»
— e ora ha mutato bersaglio, i migranti vengono accolti con semplice
umanità. I bambini bianchi e neri studiano e giocano con normalità nelle
scuole e così gli adulti che non creano muri tra loro. Non è vero che i
migranti «rubano il posto agli italiani». Sono gli italiani che spesso
rifiutano gli umili lavori. Sono i migranti a rimanere vittime per
bisogno dei crudeli caporali delle campagne.
Il libro di Colombo è
una sorta di enciclopedia su quel che si dice dissennatamente dei
migranti, protagonisti i politici dalla mente torbida e i loro accoliti,
quasi un Dizionario dei luoghi comuni, il catalogo di Gustave Flaubert.
Come
si può considerare un tradimento l’ospitalità? Violare le norme
elementari del vivere civile, cancellare ogni moto di pietà, considerare
nemici i medici che curano i migranti, donne e bambini senza genitori
e, anch’esse nemiche, le Ong serie e corrette che vogliono salvare
persone vittime della fame e della guerra?
Il problema sembra
piuttosto quello di por mano alle leggi e al diritto internazionale, di
esigere, non con l’aggressività, la violenza, le urla — un boomerang —
che l’Unione Europea non lasci sola l’Italia, come ha detto la Merkel, e
di far sì, con le armi della politica professionale e della diplomazia,
che il Mediterraneo sia veramente il mare d’Europa, di tutta l’Europa.
Come
può chiudere i porti una nazione come la nostra, quasi del tutto coste e
mare, che ha sulla bandiera della Marina militare, alla quale, per il
suo comportamento, va reso onore, gli stemmi delle nostre quattro
antiche Repubbliche marinare?