Corriere 10.6.18
Il governo si muova contro la vergogna dei nuovi schiavi nel mezzogiorno
di Ernesto Galli della Loggia
Luigi
Di Maio è ministro del Lavoro oltre che uomo del Sud. Matteo Salvini è
ministro degli Interni e senatore della Calabria. È lecito, allora,
stupirsi che proprio in questa loro doppia qualità non abbiano detto una
parola né fatto nulla, per quel che si sa, a proposito delle condizioni
in cui lavorano e vivono nella baraccopoli di San Ferdinando gli
immigrati compagni del sindacalista maliano Soumaila Sacko ucciso una
settimana fa da un malavitoso locale? Se c’è qualcosa che un governo
«del cambiamento» dovrebbe impegnarsi a cambiare subito in Italia, non è
forse l’esistenza fatta di sfruttamento schiavistico e di abbrutimento
umano in cui in vari luoghi del Mezzogiorno vivono migliaia di immigrati
perlopiù africani?
Su tale situazione è stato detto tutto. Ma ciò
non c’impedisce di continuare a provare vergogna come cittadini di
questo Paese per la desolante passività di cui fin qui hanno fatto
mostra a questo proposito le autorità competenti. A Vibo Valentia, a
Catanzaro, a Foggia, dappertutto nel Mezzogiorno, lo Stato italiano
mantiene prefetti, questori, ispettori del lavoro, procuratori della
Repubblica, i quali in teoria dovrebbero far rispettare le sue leggi. A
giudicare tuttavia dai risultati non si può davvero dire che finora ci
siano riusciti. Perché? che cosa l’ha impedito? Perché non si riesce a
stroncare la pratica del caporalato? Perché non si riesce a instaurare
condizioni di lavoro legali? Perché non si riesce a impedire la
formazione di enormi bidonville come quella di San Ferdinando?
L’impressione è che l’azione della legge sia costantemente impedita da
reti di complicità e d’interessi locali più o meno oscuri che
sull’illegalità vivono e prosperano. Forti, molto probabilmente anche
della complicità di Roma. Ma oggi a Roma c’è un governo nuovo e diverso,
si dice. Se è vero lo dimostri coi fatti.