Repubblica 8.5.18
I democratici
La riunione dei big
Nel Pd l’incubo del tracollo si apre lo scontro su liste e leader
Da
 Martina a Delrio la previsione di scendere sotto il 18%. Franceschini: 
“Con le elezioni subito ci spazzeranno via”. Renzi e l’arma delle 
deroghe contro chi ha già svolto tre mandati
di Tommaso Ciriaco
ROMA Ore 8 del mattino, largo del Nazareno.
Caminetto
 di guerra convocato da Maurizio Martina. Ci sono tutti i big, senza 
Matteo Renzi. E basta un giro di tavolo virtuale per incrociare il 
dramma del Pd. «Se si vota subito - profetizza Dario Franceschini – ci 
spazzano via». Se si esclude Matteo Orfini, tutti condividono il timore 
di un’ecatombe elettorale: Marco Minniti, Ettore Rosato, Graziano 
Delrio, Lorenzo Guerini. «Inutile sperare - ammette Andrea Orlando - 
prepariamoci al peggio.
Prepariamoci al voto. Sarà un massacro».
Parecchie
 ore dopo, a Palazzo Giustiniani. A furia di telefonare Renzi quasi 
fonde il suo iPhone. Si confronta con Luca Lotti e Maria Elena Boschi. È
 deciso a procedere per priorità. La prima passa dalla gestione del voto
 ultra anticipato.
Come salvare il renzismo? Ha in mente una 
tabella di massima. Si parte dalla convocazione dell’assemblea nazionale
 per il 19 maggio, o al più tardi il 26. In quella sede intende eleggere
 un segretario pro tempore che traghetti a un congresso in autunno. 
Sarebbe impossibile organizzarlo prima, a meno di non immaginare 
primarie a ridosso del pranzo di Ferragosto. Già, ma a chi affidare le 
chiavi del Nazareno e la gestione delle liste elettorali?
Lorenzo Guerini è il nome più solido. O Maurizio Martina, se accetterà la logica del capo.
La
 linea di Renzi non prevede sconti, perché è sfida per la sopravvivenza.
 Primo: bisogna garantire le truppe parlamentari uscenti, con gli stessi
 equilibri.
Secondo: una soluzione unitaria è possibile. Terzo, e 
questa è la condizione che suona più minacciosa: se qualcuno cerca la 
guerra e non accetta la tregua, allora la direzione imporrà le liste al 
segretario pro tempore e spazzerà via a colpi di deroghe negate i 
ministri uscenti Andrea Orlando, Dario Franceschini, Marco Minniti, 
Roberta Pinotti. Il Pd, statuto alla mano, prevede il limite dei tre 
mandati. E Renzi è pronto a usarlo come una clava.
Martina o 
Guerini, allora. Ma questo schema non scioglie il nodo dei nodi: chi 
sarà il front man del Pd, chi vestirà la pettorina del candidato 
premier? Paolo Gentiloni è il profilo naturale.
Visto che i tempi 
sono strettissimi, anche l’ex segretario è disposto a sostenerlo. Senza 
entusiasmi, e con l’intenzione di assicurarsi pure un reggente “amico” 
che consegni al Giglio Magico la gestione delle liste. Gentiloni, 
invece, potrebbe occuparsi di ricostruire la coalizione.
Non 
esiste un copione già scritto, però. Il presidente del Consiglio, ad 
esempio, fa sapere che no, «la vicenda del candidato leader non esiste» e
 l’unica cosa a cui si candida adesso è «ex premier». Ma è chiaro che 
forse soltanto lui sarebbe in grado di ricucire con l’ala dialogante di 
Liberi e Uguali, oltreché con +Europa. Con il Rosatellum, d’altra parte,
 un’alleanza sembra inevitabile, anche se Renzi continua a pensare che 
quella sinistra sia ormai al di sotto del 3% e non possa reclamare molto
 in un eventuale negoziato.
Prima, comunque, andrà risolto il rapporto tra il leader e Gentiloni.
Che, al momento, resta gelido.
Molto
 dipenderà dalla data del voto anticipato, ovviamente. Per tutto il 
giorno circolano ipotesi coraggiose – dalla riapertura del forno con i 
cinquestelle fino a un sostegno a un esecutivo di centrodestra – ma è 
chiaro che la crisi si è spinta troppo oltre.
Dovesse partire un 
esecutivo di tregua, ci sarebbe tempo per ragionare. Ma non sembra 
questo il caso. «Ormai è andata così», ammette anche Piero Fassino.
È
 andata male, non c’è dubbio. Se ne riparlerà in un nuovo caminetto 
convocato per stamattina alle 8. E ripartirà la battaglia. Perché una 
cosa è certa: ad eccezione dell’ortodossia renziana, nessuno dei big si 
fida più del ramoscello d’ulivo renziano. Temono che possa finire come 
per le ultime liste. Temono una nuova, definitiva epurazione.
 
