sabato 26 maggio 2018

Repubblica 26.5.18
La ricetta per farli crescere bene: latte naturale, dieta vitaminica, dialogo coi genitori e più asili nido
Infanzia. Le raccomandazioni di Oms e Unicef
Quei primi tre anni che plasmano il cervello
di Giuliano Aluffi


Nei primi tre anni di vita il cervello è un portento: ogni secondo i neuroni formano da 700 a 1000 connessioni, ritmo frenetico che non si verificherà più nel resto della vita. Questa grande velocità di conformazione (fa sì che al terzo anno l’80% del cervello sia già sviluppato) risponde al bisogno del bambino di apprendere il più possibile dall’ambiente che lo circonda.
Necessita però di un humus adatto allo sviluppo cerebrale: una famiglia che gli dedichi attenzioni, gli parli di continuo e gli dia stimoli in quel periodo così cruciale. È lo spirito del documento Le cure per lo sviluppo infantile precoce, presentato a Ginevra da un gruppo internazionale di esperti coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unicef. Che rispondono a un’emergenza: oggi sono a rischio di sviluppo non ottimale — termine che comprende l’abbandono scolastico e capacità mentali non adeguate all’età — ben 250 milioni di bambini tra 0 e 5 anni, vale a dire quattro su dieci. Il testo dell’Oms sprona governi e società civile a cooperare per assicurare ai bimbi — tramite interventi a sostegno delle famiglie, come un aumento dell’offerta di asili nido di qualità e più licenze di maternità e paternità — la migliore partenza possibile nella gara della vita. Dove, purtroppo, la linea di partenza non è uguale per tutti: all’età di 3 anni, come mostrano gli studi della pediatra americana Dana Suskind, i bambini più poveri hanno infatti sentito in media 30 milioni di parole in meno di quelli nati in famiglie benestanti. Gap iniziale che si traduce in uno svantaggio permanente anche nell’età adulta. «Nei primi anni si creano le basi neuro-biologiche di quelle che saranno le nostre competenze cognitive e affettive», spiega uno dei firmatari del testo Oms, Giorgio Tamburlini, pediatra all’Istituto Burlo Garofolo di Trieste. «Le neuroscienze oggi ci mostrano che i bambini in condizioni disagiate possono avere parti cruciali del cervello, come la corteccia cerebrale e l’ippocampo, più sottili della media di diversi millesimi di millimetro: non è poco, perché il cervello nel suo complesso ha 80-100 miliardi di neuroni, e quindi anche una piccolissima parte in meno corrisponde a milioni di neuroni mancanti.
Uno studio della nutrizionista Susan Walker ha mostrato che se due gruppi di bambini malnutriti di un anno vengono alimentati adeguatamente, ma solo un gruppo ha la fortuna di avere una madre che può giocare e parlare con loro, il recupero fisico e mentale è maggiore per quest’ultimo», osserva Tamburlini. «Non solo: Walker ha rintracciato quei bambini a 20 anni dall’esperimento. Esistevano ancora differenze significative tra i due gruppi: quoziente di intelligenza, vocabolario e comprensione di un testo». La soluzione alle disparità è investire in nutrizione, salute, istruzione e protezione sociale dei bambini tra 0 e 3 anni, perché il ritorno per la società — stimano gli esperti Oms — può arrivare a 13 volte l’investimento iniziale. «Il guadagno nel nutrire le menti giovani è sia per la società — che vede meno abbandono scolastico — che per l’individuo», spiega Tamburlini.
«Studi mostrano che i bambini che hanno avversità nei primi anni di vita finiscono per guadagnare un terzo in meno rispetto ai coetanei». Ciò che può fare la differenza è coinvolgere i genitori in maggiori difficoltà economiche o con un’istruzione carente, con strategie come la “lettura di relazione”: educatori che insegnano a papà e mamme il piacere di leggere una storia ai bebé. Una tra le tante esperienze che si faranno nei dieci “Villaggi per crescere” coordinati da Giorgio Tamburlini, che da giugno a settembre si apriranno in 10 quartieri difficili da Trieste a Siracusa. Come esempio virtuoso del nuovo corso Oms.