Repubblica 25.5.18
Dopo trent’anni in fabbrica
L’operaio licenziato da una macchina “Fa lo stesso lavoro”
di Franco Vanni
Ha
lavorato per 30 anni nella stessa fabbrica. La burocrazia aziendale lo
qualificava come addetto posizionamento paint cap. In pratica, doveva
porre tappi provvisori alle taniche prodotte nello stabilimento, di modo
che potessero poi essere verniciate. Lo scorso aprile all’operaio, che
ha 61 anni e che nel 1991 ha perso quattro dita di una mano, il ramo
italiano della multinazionale dell’imballaggio Greif ha mandato una
lettera: licenziamento per giustificato motivo, «con parziale esonero
dal preavviso e riconoscimento della relativa indennità sostitutiva». La
ditta, che ha una sede a Melzo in provincia di Milano, va dritta al
punto: «In data 23 febbraio 2018 è stata installata una macchina,
denominata Paint Cap Applicator, che svolge in automatico il medesimo
lavoro sino ad oggi da Lei svolto. È stata soppressa la Sua posizione
lavorativa». Di fronte alla Direzione territoriale del lavoro, l’azienda
ha offerto al lavoratore 12 mensilità, come indennità prima dell’addio.
L’operaio
ha rifiutato. «Per me il lavoro è tutto. Sono in fabbrica da 30 anni, è
la mia vita. Mi manca poco alla pensione, licenziarmi adesso è davvero
una cattiveria».
La lettera di licenziamento prosegue con formule
gelide, che il lavoratore dice di avere vissuto «come una ferita». Si
legge: «Abbiamo valutato la possibilità di assegnarLe altre mansioni,
anche di livello inferiore riconducibili alla Sua professionalità.
Purtroppo non è stata reperita alcuna posizione lavorativa vacante,
essendo tutti i posti già occupati da altri dipendenti».
L’operaio è a casa dal 6 aprile.
Si
è rivolto al sindacato, che lo ha assistito nella fase dolorosa del
tentativo fallito di conciliazione. Si è rivolto all’avvocata Marica
Pesci, per valutare un’azione in sede civile contro la società. «Quello
che faremo per vie legali, non ho intenzione di comunicarlo», taglia
corto.
Sarà probabilmente un giudice a valutare se il fatto che
l’uomo fosse disabile, per avere perso una mano, gli garantisse per
legge una maggior tutela. E se comunque sia possibile costringere
l’azienda a reintegrare l’operaio al suo posto di lavoro. O almeno a
corrispondergli i contributi da qui al giorno in cui potrà andare in
pensione.
L’operaio si è anche rivolto a un penalista, l’avvocato
Mirko Mazzali, per capire se la condotta dell’azienda possa anche
costituire reato. «Non si può licenziare un operaio che ha lavorato
tanto a lungo, e prossimo alla pensione, perché una macchina lo ha
soppiantato. Tanto più se ha una disabilità tale da rendere difficoltosa
la ricerca di un nuovo impiego», dice Mazzali.