il manifesto 25.10.18
Casa delle donne, la risposta alla consigliera Guerrini
L’intervista
alla consigliera Gemma Guerrini, richiede alcune precisazioni. Dobbiamo
contestare alcune affermazioni; in particolare non è vero che lo
stralcio della sua relazione alla Commissione delle Elette sia stato
causato dalla nostra opposizione.
La consigliera sa bene che lo stralcio era già stato deciso dall’aula e dal suo presidente.
E
così vogliamo chiarire, una volta per tutte, che la minaccia di
chiusura della Casa non è una nostra falsificazione, ma al contrario è
testimoniata dagli atti formali ricevuti in novembre e dalla stessa
mozione in consiglio.
È evidente l’intenzione dell’amministrazione
di appropriarsi del Buon Pastore e del progetto, snaturandolo e
riducendolo puramente a servizi (peraltro da mettere a bando); la Casa
Internazionale non viene riconosciuta quindi come una risorsa per la
città, meritevole di sostegno e di interlocuzione.
La Casa,
inoltre, ha sempre comunicato al Comune i suoi bilanci e il rendiconto
delle sue attività, ed ha anche segnalato le difficoltà che erano
insorte per la sostenibilità del canone, fin dal 2010.
Se c’è
opacità, certo non è da parte nostra. Il tono stesso dell’intervista,
d’altra parte ripropone quanto già noto del pensiero della consigliera.
Una sostanziale volontà di censura e di cancellazione di quanto fatto
dalle precedenti amministrazioni: la storia della città comincerebbe
oggi, con l’amministrazione a 5 Stelle, unica garante della moralità e
del progresso. La progressiva cancellazione delle esperienze sociali più
interessanti, avvenuta in questi mesi, la chiusura degli spazi
femministi, il disconoscimento (“il riallineamento” auspicato dalla
mozione) della creatività e dell’ autogestione dal basso sono i segnali
di questa visione.
Una sostanziale non conoscenza delle
caratteristiche del progetto Casa Internazionale delle Donne e, prima
ancora delle acquisizioni del movimento femminista, che non si limitano
all’“aver denunciato certi temi” ma rappresentano piuttosto
l’affermazione della soggettività e della autonomia femminile, la
possibilità di interpretare il mondo in modo radicalmente nuovo grazie
al punto di vista di genere. L’amministrazione democratica dovrebbe
riconoscere la pluralità di culture e di pensieri che rendono viva la
città e sostenere tutte le forme di autogestione, invece di penalizzarle
e umiliarle.
Una sostanziale volontà autoritaria di definire
il bene e il male, una affermazione di fondamentalismo che rifiuta la
collaborazione e il confronto con le altre visioni e che anzi ne
disprezza l’espressione. La priorità data alla pratica burocratica è
prova, a nostro parere, di una non volontà di comprensione della
complessità e di rifiuto di agire il confronto culturale e politico.
La
consigliera Guerrini considera violenta una piazza che lunedì 21, dal
Campidoglio, ha espresso la sua preoccupazione e ha richiesto
all’amministrazione di cambiare politica; non si tratta di “persone
portate in piazza” ma di soggetti consapevoli che liberamente hanno
scelto di condividere la scelta di difendere l’esistenza della Casa.
Anche
le tantissime forme di solidarietà, le 80.000 firme di sostegno, non
sono la voce di “una politica che ha fatto il suo tempo” ma piuttosto
l’espressione di volontà diffusa, di una molteplicità di esperienze che
chiedono di poter continuare a vivere la Casa delle Donne come è stato
possibile in questi anni.
*** Il direttivo della Casa Internazionale delle Donne di Roma