venerdì 25 maggio 2018

il manifesto 25.10.18
Licenziato perché sostituito da una macchina
Nel Milanese. L'operaio, un marocchino di 61 anni, ha ricevuto la lettera motivata dal fatto che l'azienda ha comprato un macchinario che espleta la sua mansione


Ha lavorato per 30 anni per la stessa azienda di Melzo, in provincia di Milano. Ora a quattro anni circa dalla pensione, per un 61enne marocchino – il quale convive con una pesante disabilità dal 1991 quando perse una mano – è arrivata la lettera di licenziamento.
La sua posizione lavorativa è stata «soppressa» dopo l’arrivo di un macchinario che svolge le sue stesse mansioni.
Solo diciassette righe per comunicare l’addio «per giustificato motivo oggettivo», in seguito alla riorganizzazione aziendale all’interno della ditta che si occupa di fusti e imballaggi metallici. Dopo l’installazione della macchina «Paint Cap Applicator», che svolge in automatico lo stesso lavoro svolto finora dall’operaio.
La società ha valutato la possibilità di assegnare al 61enne altre mansioni, ma «purtroppo non è stata reperita alcuna posizione lavorativa vacante, essendo tutti i posti già occupati da altri dipendenti», si legge nella lettera di licenziamento che l’azienda ha mandato al lavoratore.
La ditta riconosce all’uomo l’indennità di legge, ma fallito il tentativo di conciliazione che si è tenuto alla Direzione territoriale del lavoro, il licenziamento è diventato effettivo.
L’operaio si è rivolto all’avvocato Mirko Mazzali: «È ingiusto licenziare una persona che ha lavorato 30 anni in un posto, che si ritrova disoccupato a un passo dalla pensione, perché una macchina ha preso il suo posto. Un’ingiustizia tanto più grave considerando che è una persona con una disabilità tale da rendergli difficile la ricerca di un nuovo impiego», chiosa il legale che passerà la causa ad un collega specializzato in cause di lavoro.
«Hai 61 anni, da 27 hai perso una mano, te ne mancano 4 alla pensione e ti arriva una lettera dal padrone: licenziato perché una nuova macchina farà il tuo lavoro», commenta Giovanni Paglia di Sinistra Italiana. «Succede in provincia di Milano e magari scopriremo che l’investimento deriva da sgravi fiscali tipo industria 4.0. Questa non è innovazione, ma criminalità economica e come tale andrebbe perseguita», conclude Paglia.
«È necessario capire esattamente cosa sia avvenuto – osserva Chiara Gribaudo, responsabile Lavoro del Pd – . Bisogna appurare se siamo in presenza di una violazione dei suoi diritti o meno. Faremo, per parte nostra, le verifiche necessarie. Di sicuro la vicenda apre scenari e problematiche che richiedono risposte puntuali dalla politica. A livello nazionale ed internazionale. Il Pd – continua – intende essere parte propositiva di una riflessione sulla quale debba essere il futuro del rapporto tra lavoratore e macchina. Una riflessione che ci porti ad elaborare misure atte a difendere le persone e la dignita’ del lavoro. Non si tratta di fuggire il futuro ma di governarlo. E la politica è chiamata a dare risposte», conclude Gribaudo.