giovedì 24 maggio 2018

Repubblica 24.5.18
Mission impossible. Primarie Usa
Stacey, Amy, Lupe L’onda rosa dei democratici
Una nuova generazione di donne sfiderà Trump e i repubblicani
di Alberto Flores d’Arcais


NEW YORK C’è Stacey, c’è Amy, c’è Lupe e ci sono le altre. Volti nuovi e soprattutto donne.
È un’ondata rosa quella che si affaccia sulla scena politica democratica dopo un martedì di primarie in grandi Stati del sud dove da decenni il partito repubblicano ha vita facile. È su di loro, donne che hanno alle spalle avvincenti storie di vita, che gli elettori del partito democratico — che si sta ancora leccando le ferite per la bruciante sconfitta elettorale del 2016 con Hillary — hanno deciso di puntare per tentare di strappare al Grand Old Party alcuni seggi — chiave del Congresso e anche Governatori. Volti nuovi e non legati al sistema, appoggiati quasi ovunque anche dall’ala più liberal del partito, quella che non aveva mai digerito la candidatura di Hillary Clinton.
È storica la vittoria (anche se per ora solo di primarie si tratta) di Stacey Abrams in Georgia, bastione repubblicano di quel vecchio sud razzista (e dove i suprematisti bianchi con Trump hanno rialzato la cresta) che tenterà la missione impossibile: scalzare dal suo posto l’attuale governatore repubblicano. Se ce la dovesse fare, contro ogni previsione, diventerà la prima donna afro-americana a diventare governatore di uno Stato Usa.
Stacey ha avuto (fatto non scontato) sia l’appoggio di Hillary che quello di Bernie Sanders e per lei si è battuta anche Kamala Harris, la senatrice della California cui molti predicono un futuro da prima donna presidente degli Stati Uniti.
Nere, latine, lesbiche, non sono poche quelle che hanno un passato da militare o da poliziotta che le accomuna (e le rende popolari anche tra i repubblicani moderati che non vogliono votare candidati “trumpisti”). Donne espressione di quelle minoranze che sono la nuova linfa vitale di un partito democratico alla disperata ricerca di una nuova identità negli anni di The Donald. Una vittoria clamorosa quella alle primarie di Stacey, che ha conquistato oltre la stragrande maggioranza dei voti neri anche molti voti in contee bianche (e povere) degli Appalachi, terra da sempre conservatrice e repubblicana. «Stiamo scrivendo il prossimo capitolo della storia della Georgia, spero che mi accompagnerete tutti in questa grande sfida per il nostro futuro», ha gridato, commossa, durante la festa seguita al martedì elettorale.
C’è Lupe Valdez, 70 anni, lesbica ed ex sceriffo della contea di Dallas, anche lei in corsa per diventare la prima latina a guidare uno Stato. E non uno qualunque, ma il Texas della pena di morte e delle armi libere. Missione impossibile anche per lei. C’è Amy McGrath, tenente colonnello pilota di caccia della Marina, la prima donna a pilotare un F-18, che ha sconfitto seccamente il candidato che il partito aveva scelto e appoggiato. Ci sono due donne, anche loro gay dichiarate, una di origine sudamericana e l’altra filippina che hanno vinto a sorpresa la candidatura in due seggi decisivi per i democratici in Texas.
Primarie che premiano l’elettorato democratico che vuole cambiare, che è stufo dei vecchi volti, dei politici di professione, di chi non vuole tagliare il cordone con un modo di fare politica che ha fatto perdere troppi consensi al partito di Kennedy, Clinton e Obama. Tutti risultati che il partito democratico dovrà analizzare con cura, sia per la strategia da adottare a novembre ( quando si rinnoverà il Congresso) sia in previsione della ancora più importante sfida per la Casa Bianca 2020. Anno che non è poi così lontano, considerato che chi vuole candidarsi lo fa ormai con quasi due anni di anticipo.