giovedì 24 maggio 2018

La Stampa 24.5.18
Nella Grecia della crisi fra minestre per i poveri e negozi ancora chiusi
di Mariangela Paone


Negli anni peggiori della crisi in via Ermou, l’arteria commerciale di Atene che parte dalla piazza Syntagma, il tran tran sembrava all’apparenza quello di sempre. Bastava però girare lo sguardo per vedere i negozi chiusi e l’immancabile cartello Enoikiazetai, si affitta. Oggi, quasi un decennio dopo l’inizio della Grande Recessione, si vedono meno cartelli, alcuni negozi hanno riaperto e, sulla strada, in una mattina di metà maggio, si respira un’aria più leggera di quella pesante dei giorni delle grandi proteste contro l’austerità. Ma oggi come allora, la differenza la fanno i dettagli. A metà della stessa via, un gruppo di volontari si prepara per distribuire la minestra che cuoce dentro una grossa pentola messa su un fornello acceso in mezzo alla strada. Il gruppo si chiama «O Allos Anthropos», l’Altro Uomo. È nato nel 2012 e da allora non ha mai smesso di funzionare.
Senza chance
La Grecia a otto anni dalla firma del primo piano di salvataggio, è una storia di contrasti, di cicatrici che tarderanno a chiudersi. «I sentimenti che la maggior parte dei greci sentono sono stanchezza e sfiducia. Secondo i sondaggi, la maggioranza si aspetta che la propria situazione finanziaria peggiori anche se l’economia, dallo scorso anno, è iniziata a crescere», commenta Nick Malkoutzis, direttore del portale di analisi economica e política Macropolis. «Hanno perso fiducia nel governo per le promesse incompiute; nel sistema politico in generale per la cattiva gestione del passato; e nei creditori, che di tanto in tanto ammettono che i salvataggi sono stati mal disegnati, ma mostrano poca volontà di prendere decisioni coraggiose per dare alla Grecia una chance di uscire dal pozzo».
Il governo di Alexis Tsipras, che arrivò al potere tre anni e mezzo fa con la promessa di mettere fine all’austerità e che dopo le settimane agoniche dell’estate 2015 ha dovuto applicare le condizioni del terzo salvataggio del Fondo monetario, vuole ora un’uscita pulita dal programma. Per questo l’esecutivo, dopo aver raggiunto la settimana scorsa un accordo a livello tecnico con i creditori sulle misure da adottare per chiudere la quarta (e ultima) revisione, non vuole sentire parlare di una nuova linea di credito precauzionale.
L’accordo arriva oggi all’Eurogruppo, il penultimo prima di quello decisivo del 21 giugno. Atene promette di approvare le misure previste e sul tavolo restano la procedura di sorveglianza post-memorandum e la ristrutturazione del debito (al 180% del Pil). «Nell’Eurogruppo del giugno 2017, abbiamo accordato con i nostri creditori che la riduzione del debito avrebbe incluso due questioni: l’estensione della scadenza del debito e il cosiddetto meccanismo francese (che lega l’alleggerimento del debito al tasso di crescita). La discussione è ora sul fatto se questo meccanismo deve attivarsi automaticamente o no», ricorda Dimitris Tzanakopoulos, portavoce del governo greco. Seduto nel suo ufficio a Villa Maximos, sede del governo, Tzanakopoulos ripete che «la questione principale per la ristrutturazione del debito è l’allungamento della scadenza». Si dice poi ottimista sul fatto che anche sul meccanismo francese si arriverà a un accordo, nonostante le resistenze della Germania.
Lunedì Tsipras, presentando il piano di crescita per il dopo-memorandum, ha ribadito che Atene rispetterà gli impegni. Nel piano ci sono riduzione delle tasse nel 2020 e aumento del salario minimo, insieme ad altre misure che dovrebbero servire a mitigare, tra l’altro, gli effetti dei nuovi tagli alle pensioni che partiranno dal 2019.