Corriere 24.5.18
L’attivista afro (e scrittrice rosa) dà «energia» all’ala radicale Usa
Stacey Abrams candidata dem in Georgia: è la prima nera a correre da governatrice
di Giuseppe Sarcina
WASHINGTONL’«energia»
di cui ha urgente bisogno il partito democratico potrebbe venire da una
nuova leva di donne: outsider, radicali. «Energia» è la parola più
usata da Stacey Abrams, 44 anni, la prima afroamericana nella storia
degli Stati Uniti ad aver conquistato la nomination per competere alla
carica di Governatore. L’altro ieri, nelle primarie democratiche in
Georgia, ha sconfitto con il 75% dei consensi la moderata Stacey Evans. È
una tendenza che attraversa l’intero Paese. Nel Kentucky la prima top
gun appena congedata dai marines, Amy McGrath, 42 anni, ha battuto
addirittura il sindaco democratico di Lexington, Jim Gray: spetterà a
lei sfidare il deputato repubblicano in carica, Andy Barr, nelle
elezioni di mid term, il prossimo 6 novembre, quando si voterà per
rinnovare l’intera Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato.
I
sondaggi oscillano, ma per il momento, secondo il sito
RealClearPolitics, i progressisti sarebbero in testa con il 3% su base
nazionale. Il problema, però, è che a Washington il partito democratico è
diviso, sostanzialmente ancora prigioniero della sconfitta subita da
Hillary Clinton. È nelle profondità del Paese che qualcosa si sta
muovendo.
Molti, anche al Congresso, considerano la corsa di
Stacey Adams un test fondamentale. Per una ragione su tutte: capire se è
necessaria una proposta dai toni e dai contenuti forti, quasi estremi
per spezzare il dominio repubblicano.
Abrams è di per sé una
figura atipica. È nata a Madison, in Wisconsin, e cresciuta ad Atlanta,
in Georgia, in una famiglia religiosa: i genitori erano pastori
metodisti. Stacey si laurea prima in Scienze politiche allo Spelman
College e poi studia diritto alla Yale Law School. A 17 anni, però, è
già a bottega, nel comitato elettorale di un deputato democratico. La
giovane ha un talento multiforme. Si immerge nell’attivismo
afro-americano, inevitabilmente conflittuale in uno Stato conservatore
come la Georgia. Per un po’ lavora in studio legale.
Sceglie di
non sposarsi. Nello stesso tempo coltiva la sua grande passione per la
letteratura: scrive nove romanzi che vendono circa 100 mila copie.
Storie di amore contrastato, sembra di capire dalla lista dei titoli.
Tutte opere firmate con uno pseudonimo, Selena Montgomery. Usa, invece,
il suo nome per gli articoli su temi economici e sociali e, soprattutto,
per l’ultimo libro, uscito un mese fa: How to lead from the outside and
make real change, come guidare le scelte dall’esterno e produrre veri
cambiamenti. Ecco qual è il senso del «modello Stacey»: recuperare le
forze sociali emergenti e quelle rimaste ai margini e trasformarle in
«energia», appunto, per il governo. Sono quattro blocchi,
essenzialmente: il movimento anti-molestie «MeToo»; la mobilitazione di
studenti, genitori e insegnanti contro le armi facili e, naturalmente,
le organizzazioni afro-americane e dei latinos che da ultimo si erano un
po’ sfilacciate.
Stacey Abrams, Amy McGrath e le altre, come la
cinquantottenne Mary Gay Scanlon, altra attivista di base vincitrice
nelle primarie in un distretto della Pennsylvania, sono forse il primo
risultato delle manifestazioni e delle proteste cominciate nel gennaio
del 2017. L’ondata già all’epoca chiamata l’«herbal tea party», per
segnalare lo spontaneismo simile a quello del «tea party» che scompigliò
il fronte conservatore nel 2009.
I progressisti moderati sono in
ripiegamento, ma sostengono che servono profili da centrista per
sfondare in territorio trumpiano. Citano due esempi: Doug Jones e Conor
Lamb, freschi conquistatori di seggi parlamentari in Alabama e in
Virginia.
Sullo sfondo sono pronti almeno 15-20 potenziali
pretendenti alla Casa Bianca. Alcuni di loro, come la senatrice Kamala
Harris e il collega Cory Booker, si sono schierati apertamente con la
«formula Stacey». Altri aspettano, con prudenza, il riscontro delle urne
in autunno.