mercoledì 23 maggio 2018

Repubblica 23.5.18
L’arma delle nuove guerre ha trovato il suo fronte
di Gianluca Di Feo


I sostenitori dell’F35 hanno sempre detto che l’aereo sarebbe stata una rivoluzione, cambiando le regole della guerra dei cieli. Non tanto per l’invisibilità ai radar, quanto per il modo di combattere: sarebbero scomparsi i voli in formazione, le squadriglie che hanno segnato le tecniche di battaglia dai tempi del Barone Rosso e di Francesco Baracca.
L’F35 infatti nasce per agire in rete, muovendosi come un predatore solitario ma al tempo stesso connesso con tutto: vede e sente qualunque cosa, grazie a un sistema in grado di elaborare e scambiare continuamente dati con satelliti, droni, truppe a terra. Il costo fantascientifico del programma, con un preventivo finale da 1.500 miliardi di dollari, dipende soprattutto dal prezzo di software e sensori. È questo il cervello segreto degli F35: nella fabbrica di Cameri dove si assemblano i caccia per l’Italia, i software vengono inseriti in un’area top secret, gestita solo da personale americano.
Se la capacità di scomparire dai radar è molto discussa, con russi e cinesi che vantano strumenti per stanare gli F35; se le doti di volo e la resistenza ai colpi nemici appaiono non straordinarie, di sicuro però non esistono altri mezzi bellici con caratteristiche operative così innovative. Caratteristiche talmente avanzate che le forze armate devono ancora capire il modo di usarle. Persino gli israeliani, abituati a sperimentare le tattiche più sorprendenti: «Stiamo valutando come impiegarlo.
L’F35 ha un potenziale incredibile e discutiamo la maniera migliore per sfruttare le sue enormi capacità», ha dichiarato ieri il generale Amikam Norkin, che comanda l’aviazione di Israele.
Nessuno dei paesi confinanti ha intercettori in grado di impensierire l’aereo invisibile, che in queste prime missioni d’attacco avrebbe dimostrato di saper sfuggire agli occhi elettronici delle basi russe in Siria. E la supremazia di quest’arma potrebbe incentivare le tentazioni israeliane di regolare in fretta i conti con l’Iran, scatenando una campagna contro hezbollah, il potente alleato libanese di Teheran. Non a caso, ieri è stata mostrata la foto di un F35 nel cielo di Beirut: un avvertimento esplicito al partito di Dio, uscito rafforzato dalle recenti elezioni libanesi e dal successo militare nella guerra condotta al fianco di Assad.
Alcuni analisti ritengono che il governo Netanyahu voglia intervenire contro hezbollah il prima possibile, convinto che la scarsa reazione internazionale alle uccisioni di massa sul confine di Gaza si ripeterebbe anche in caso di intervento in Libano. I militari israeliani invece sono meno ottimisti.
Perché lo sventurato conflitto del 2006 ha dimostrato che i bombardamenti dal cielo e la tecnologia servono a poco quando bisogna combattere casa per casa, contro un avversario che non teme la morte.