Repubblica 20.5.18
La nuova Arabia Saudita
Perché Riad ha arrestato (all’improvviso) le tre eroine delle donne al volante
di Francesca Caferri
Di
essere arrestate se lo aspettavano da mesi. Ma che il provvedimento
sarebbe arrivato ora, a poco più di un mese dalla giornata che avrebbe
segnato la loro vittoria, probabilmente no. Con una mossa a sorpresa,
che ha fatto in poche ore il giro del mondo, l’Arabia Saudita ha
arrestato nella notte fra martedì e mercoledì tre delle più importanti
attiviste per i diritti umani del Paese che per anni avevano fatto
campagna per abolire il divieto di guida per le donne: gli arresti
arrivano alla vigilia della fine del divieto, prevista per il 24 giugno.
Le tre sono parte di un gruppo di sei attivisti — due uomini e quattro
donne — che vengono ora accusati di tradimento e di aver tenuto contatti
e cospirato con potenze straniere per danneggiare il Paese: accusa che
potrebbe tradursi in anni di carcere.
Il fermo di Loujain al
Hathloul, Eman El Nafjan e Aziza Yousef sottolinea tutti i limiti della
politica di apertura e di riforme che il principe Mohammed Bin Salman —
erede al trono, ma di fatto già massima autorità del Paese — proclama di
voler seguire. Mettere a tacere la voce degli attivisti serve ad
attribuire tutti i meriti del processo di apertura alla corona e invia
un messaggio chiarissimo a tutti quelli che da anni si battono per il
cambiamento: le uniche riforme ammissibili sono quelle volute dalla
corte reale e la corte reale non accetta interferenze nel processo di
apertura del Paese. «È uno sviluppo estremamente preoccupante. Queste
tattiche di intimidazione sono del tutto inaccettabili», ha detto in un
comunicato Samah Hadid coordinatore delle campagne di Amnesty
International per il Medio Oriente.
Loujain al Hathloul, Eman El
Nafjan e Aziza Yousef sapevano da tempo di essere nel mirino: nei mesi
scorsi, quando la fine del divieto di guida per le donne stava per
essere annunciata, avevano tutte ricevuto telefonate in cui il ministero
degli Interni intimava loro di non parlare con la stampa, in modo da
lasciare alla sola corona il merito della svolta. Ma non solo: Al
Hathoul ha già passato più di 70 giorni in prigione nel 2015 dopo aver
guidato la sua auto dagli Emirati arabi uniti al confine saudita. El
Nafjan è stata più volte interrogata e minacciata per la sua attività di
blogger.
Yousef ha visto la sua licenza lavorativa revocata per
motivi che lei stessa ha sempre attribuito alla sua attività politica.
Tutto questo le ha rese estremamente prudenti ma non le hai mai fermate:
«Non importa quanti annunci clamorosi arrivino: nulla cambierà davvero
in Arabia Saudita finché le persone non si sentiranno abbastanza
tranquille da poter dire ciò che pensano», dicevano qualche mese fa
protette dall’anonimato nel salotto di casa di una di loro a Riad.
L’arresto di queste donne segna un passo indietro clamoroso per un Paese
che si proclama desideroso di aprirsi al futuro.