il manifesto 20.5.18
Maduro non ha rivali, ma l’astensione peserà
Elezioni
in Venezuela. Opposizione mai così screditata e debole, ha chiesto per
mesi le urne e oggi le boicotta. L’attenzione è puntata sul livello di
partecipazione che risulterà decisivo per misurare la legittimità del
processo elettorale
di Claudia Fanti
Il conto
alla rovescia è finito: oggi, per il popolo venezuelano, è il giorno
delle elezioni più commentate, discusse e avversate (dagli Stati uniti,
dai loro vassalli del Gruppo di Lima, dall’Unione Europea) nella storia
recente dell’America Latina. Ma anche, di contro, energicamente difese
dai movimenti popolari di tutto il continente e non solo e dai governi
amici dell’Alba, della Russia e della Cina.
Data quasi per
scontata la vittoria di Maduro – che dovrebbe superare con ampio margine
il suo principale avversario, l’ex governatore dello Stato di Lara
Henri Falcón – l’attenzione è puntata sul livello di partecipazione,
che, a fronte della dichiarata astensione dei principali partiti di
destra, risulterà decisivo per misurare la legittimità del processo
elettorale.
Stando ai sondaggi, però, il richiamo di quella «bella
rivoluzione» che aveva portato il Venezuela al quinto posto nella
classifica dei Paesi considerati più felici dai propri abitanti appare
ancora forte, malgrado le denunce esistenti sull’abbandono del percorso
rivoluzionario avviato da Chávez e rimasto incompiuto. E malgrado,
soprattutto, la quotidiana fatica della sopravvivenza sopportata dalla
popolazione, tra scarsità di beni di prima necessità, iperinflazione e
un criminale embargo finanziario.
Sotto accusa, in particolare, è
l’incapacità del governo di offrire spiegazioni convincenti riguardo
alla crisi economica e alle vie per superarla, al di là della grande
scommessa sul Petro, la criptovaluta lanciata a febbraio, inefficace
tuttavia a contrastare il collasso dei servizi pubblici, il
contrabbando, la carenza di investimenti produttivi.
Ma il
principale aiuto a Maduro viene proprio dall’opposizione, mai così
debole e screditata. Da un’opposizione, cioè, che, dopo aver rivendicato
per mesi la convocazione di elezioni anticipate, ha poi deciso – e
neppure in maniera unanime – di boicottarle. Con ciò affidando tutte le
sue chance di riconquista del potere alla speranza di un risolutivo
intervento esterno, meglio se nascosto dietro l’apertura di un canale
umanitario, o all’attesa di un collasso interno per effetto di sempre
più dure sanzioni internazionali.