martedì 1 maggio 2018

Repubblica 1.5.18
La memoria
San Giovanni e gli altri: la rinascita
Gli ex ospedali diventano musei per ricordare. Ma anche spiegare la riforma
di Giovanni Sabato


È qui che tutto è cominciato: 22 ettari di collina nel quartiere di San Giovanni a Trieste, tra grandi viali alberati, spazi verdi e i padiglioni che ospitavano il manicomio cittadino. Un’idea d’avanguardia già quando fu progettato dagli Austroungarici a fine ’800: anziché il monoblocco in voga all’epoca, fu costruito con padiglioni disseminati in un vasto parco, chiuso verso l’esterno ma almeno aperto al suo interno, per dare ai ricoverati l’idea di non essere prigionieri. Ma durò poco. Oggi, dopo un periodo di degrado, il parco è tornato a vivere, animato da istituzioni e università, strutture sanitarie con il bar-ristorante Il posto delle fragole e la radio comunitaria Radio Fragola, musei scientifici e cooperative sociali. A rievocare espressamente i tempi che furono restano alcune scritte sui muri e la statua di Marco Cavallo, il cavallo azzurro di legno e cartapesta divenuto simbolo della rivoluzione basagliana, che nel ‘ 73 varcò le mura per girare la città alla testa di un corteo di operatori, ricoverati e cittadini. Ma più che le testimonianze, è la vita stessa del parco a simboleggiare il cambiamento: se all’arrivo di Basaglia il Parco era separato, subito dopo si apre. I malati sono liberi di uscire e i cittadini di entrare ( sul muro esterno un tempo avevano scritto “ fora i matti e dentro Basaglia”).
Non tutti gli ex manicomi hanno avuto la stessa fortuna e « la preservazione della memoria in Italia è molto eterogenea», osserva Cettina Lenza, professore di architettura alla seconda università di Napoli. Alcuni sono stati demoliti, altri del tutto riconvertiti, col comune esito di cancellare ogni traccia della vecchia funzione. Tanti altri sono adibiti a nuovi usi, specie di istituzioni pubbliche, e a volte brandelli di memoria sopravvivono nelle architetture o in qualche targa che ricorda cos’era un padiglione.
Molti poi versano in totale abbandono. Per quanto anche questo, a volte, evochi suggestioni che fanno riflettere su quanto vi accadeva. A Limbiate l’ex manicomio di Mombello, ora abbandonato, è molto gettonato dagli amanti del brivido come « uno dei luoghi più spaventosi al mondo » . « È davvero inquietante e girando per i suoi corridoi si respira l’aria di sofferenza che dev’esserci stata » recensisce un visitatore.
Un piccolo gruppo di strutture, infine, si è riconvertito in centri culturali per tener viva la memoria. Come a Volterra: l’ex manicomio è caratterizzato da un’opera unica: un graffito (in parte trasferito al Museo del manicomio Lombroso) di decine di metri di simboli, disegni, parole graffiate con le fibbie sul muro esterno di un padiglione, per 12 anni, dal paziente Nannetti Oreste Fernando noto come NOF4. Il parco del Paolo Pini di Milano ospita invece il Museo d’arte Paolo Pini ( sezione del Museo della psichiatria del Niguarda).