Repubblica 17.5.18
Il sesso secondo Anna Frank una bambina nata scrittrice
di Paolo Di Paolo
Trovate pagine del “Diario” con le sue riflessioni sulla scoperta del corpo
Le
 due pagine del Diario di Anna Frank ritrovate nascoste da fogli di 
carta marrone e mai lette finora - non sono una rivelazione. Possono 
sembrarlo, certo: Anna appunta barzellette “sconce”, annota riflessioni 
su quelle che lei stessa rubrica come materie sessuali. Ironica, 
maliziosa: tira in ballo la presunta omosessualità di uno zio, ragiona 
intorno al suo ciclo mestruale, al desiderio erotico.
Anna Frank 
esprime - come hanno evidenziato dalla Fondazione di Amsterdam che porta
 il suo nome - «in modo disarmante» le sue curiosità di adolescente: 
l’uso di tecnologie avanzate e due anni di lavoro hanno portato, o 
piuttosto riportato, alla luce la natura complessa di un 
libro-monumento. Nessuno scandalo. Nessuna autentica novità. Perché la 
faccia più intima del Diario - messa in ombra da scelte poco filologiche
 del padre dell’autrice ed emersa ormai da tre decenni - è legata a 
un’esplorazione dell’adolescenza legittimamente impudica: «Chi si 
potrebbe immaginare qui dentro quel che può accadere nella testa di una 
ragazzina?» La versione emendata, su cui si è basata larga parte della 
ricezione soprattutto scolastica, ha spinto perfino troppo una lettura 
univoca del Diario come testimonianza sulla Shoah. Cosa che, nei fatti, 
non è. Non solo perché il Diario si interrompe prima dell’ingresso di 
Anna nel campo, ma tanto più perché la tredicenne speranzosa («Sii 
gentile e abbi coraggio», sprona sé stessa) non può nemmeno lontanamente
 immaginare cosa la attende. Anna usa il Diario come conforto nei mesi 
in cui è costretta a vivere nascosta, ma anche come grande occasione per
 mettere alla prova la sua passione per la scrittura. Nelle prime prove 
di penna, l’interlocutrice immaginaria, Kitty, ha identità diverse; 
viene moltiplicata in una piccola folla di personaggi, ciascuno col suo 
ruolo. Anna si proietta nel futuro come giornalista di fama, si immagina
 nei panni di scrittrice (e pensa al Diario anche come a un possibile 
romanzo). In questo senso, le pagine vitalissime che riesce a scrivere 
già nell’arco di una mezza estate - tra il giugno e il luglio del 1942, 
prima della “prigionia” - ci offrono l’opportunità di assistere al 
prodigio della nascita di una scrittrice. Quante volte abbiamo pensato 
in questi termini all’opera di Anna Frank?
Troppo poche. Eppure, 
non è un caso che il “fantasma” di Anna si manifesti anche come fantasma
 letterario in certe fantasie romanzesche di Roth o di Englander. È da 
giovanissima scrittrice, e non solo da “diarista”, che Anna adopera 
un’ironia sottile verso il mondo adulto, verso le preoccupazioni e le 
incoerenze dei grandi. È da scrittrice che descrive amici e compagni di 
scuola, infilzandoli quasi nei loro difetti, ed è da scrittrice che si 
auto-ritrae con divertita spietatezza. Con incredibile vividezza 
descrive gli impacchi quotidiani, i bagni nella tinozza, la costrizione 
al silenzio, gli slanci e le ansie; certe minuscole e gigantesche 
rivelazioni che il suo corpo in mutamento le presenta. Sa definire, o ci
 prova intensamente, l’amore e il dolore. L’attrazione e la lusinga di 
chi la ricambia. Scrive: «Capovolgo il cuore, con la parte brutta verso 
l’esterno e quella più buona verso l’interno, continuando a cercare un 
modo per riuscire a essere come vorrei tanto e come potrei se solo… non 
ci fossero altre persone al mondo». Scrive come una che, crescendo, 
avrebbe continuato a scrivere. Per questo, le due pagine riemerse non 
sono che una conferma. E quei fogli di carta marrone lasciano solo, più 
acuto, il rimpianto di non poter conoscere il futuro di una romanziera 
che oggi avrebbe quasi novant’anni. E che invece è rimasta per sempre 
una ragazzina di quindici.
 
