Repubblica 14.5.18
Fausta Cialente
La voce di donna che sfidava i fascisti
di Francesco Erbani
Ora il nome di Fausta Cialente non appare illuminato come meriterebbe se si guarda alla scena letteraria del Novecento.
Eppure
ci sono state fasi in cui la scrittrice, nata per caso a Cagliari nel
1898, figlia di un militare di stanza in Sardegna, e morta nel
Berkshire, in Inghilterra, a novantasei anni, ha assunto rilevanza. Nel
1976 il suo Le quattro ragazze Wieselberger vinse lo Strega: con
un’andatura narrativa, Cialente raccontava la storia della famiglia di
sua madre, nella Trieste asburgica fra la fine dell’Ottocento e i primi
del nuovo secolo. Il romanzo-memoir ebbe molto successo, alcune
centinaia di migliaia le copie vendute, numerose le traduzioni. Il
clamore non scalfì però la sua ritrosia. Ma ci fu un altro periodo in
cui Cialente svolse un ruolo di spicco, sebbene non sul versante
letterario, anzi escludendo volutamente il suo essere scrittrice: «Avevo
perfino dimenticato d’esserlo stata», confesserà alcuni decenni dopo.
Dal 1940 al 1947 Cialente fu protagonista di un’esperienza tutta
politica: fu prima responsabile di una trasmissione che andava in onda
su Radio Cairo, un’emittente controllata dagli inglesi che aveva il
compito di contrastare la propaganda fascista, poi direttrice di un
giornale a guerra finita. Della sua permanenza a Radio Cairo si sapeva,
ma poco si conoscevano i dettagli, la qualità dei suoi commenti, la
fatica con la quale reperisce le informazioni, i contrasti con gli
ufficiali britannici (che diffidano della sua autonomia), e poi
l’impegno assoluto — quello di una donna, forte della propria
indipendenza, che lascia il marito e la figlia ad Alessandria d’Egitto,
dove seguendo lui si era trasferita nel 1921, e sceglie di navigare da
sola, nelle acque agitate di una città, Il Cairo, formalmente neutrale,
ma popolata di spie, di doppiogiochisti, una zona franca piena di ombre e
di insidie. Fare la giornalista non è il suo mestiere, la sua fede
antifascista è incrollabile, ma finora ha scritto quattro romanzi (
Natalia, Marianna, Pamela e la bella estate, Cortile a Cleopatra),
alcuni dei quali premiati, che non lasciano presagire un’attiva
partecipazione a una missione di guerra, una guerra non convenzionale
combattuta nelle retrovie, con le parole.
Ora Maria Serena
Palieri, che ha lavorato a lungo alle pagine culturali dell’Unità (sulle
quali aveva scritto la stessa Cialente) e ha pubblicato saggi sulle
donne nel Risorgimento, nella Grande Guerra e nel Sessantotto, ha potuto
leggere il diario che Cialente compilò in quegli anni, un diario
inedito, oltre millesettecento pagine conservate al Centro Manoscritti
di Pavia. Il diario è l’ossatura intorno alla quale Palieri costruisce
Radio Cairo.
L’avventurosa vita di Fausta
Cialente in Egitto
(Donzelli), incrociando quelle pagine con i romanzi, alcuni dei quali
ambientati proprio in Egitto, e con un abbozzo, rimasto però tale,
Middlist.
Cialente viene ingaggiata dagli inglesi per
un’operazione delicata: rivolgersi ai prigionieri italiani nel Nord
Africa e alla comunità italiana in Egitto per demistificare l’immagine e
le parole del fascismo. Viene scelta perché fa parte di un gruppo di
antifascisti emigrati nel paese nordafricano. Sono i giellisti Umberto
Calosso, Giulio Tavernari (alias Stefano Terra, anche lui romanziere),
Paolo Vittorelli, i comunisti Renato Mieli, Isa Blattner e Laura Levi.
C’è anche Enzo Sereni, diviso fra il legame con gli inglesi e la sua tensione sionista.
Dall’ottobre
del 1940 al febbraio del 1943 Cialente conduce “Siamo italiani,
parliamo agli italiani”, una trasmissione quotidiana che inizia alle 19 e
finisce alle 23. In quello stesso periodo riceve l’incarico di
allestire altre due radio, una delle quali a Gerusalemme. Non è un
compito agevole. I sentimenti degli italiani, prigionieri o meno, non
sono facilmente interpretabili. Cosa raccontare loro? E come?
Inoltre
gli inglesi svolgono un occhiuto controllo. In un suo discorso, Winston
Churchill attacca Mussolini, ma non risparmia l’esercito italiano,
compresi i più umili soldati.
Cialente, commentandolo alla radio,
stigmatizza le parole del premier inglese (lo si deduce dal diario,
l’unica fonte per ricostruire i suoi interventi). Lo scandalo è
inevitabile, e si ricuce a fatica. A suo carico Cialente, oltre alla
propria indipendenza, espone la simpatia per i comunisti (incontrerà
anche Togliatti). E da un certo momento in poi, agli inglesi questa
adesione verrà mal sopportata. Cialente si scaglia contro il fascismo, a
volte lo irride, ma sebbene bandisca la scrittura letteraria, nel suo
diario fioriscono anche le descrizioni di paesaggi misteriosamente
dotati di fascino, i ritratti dei suoi interlocutori e di un mondo fitto
di intrighi.
Il diario, riprodotto in molte parti da Palieri,
documenta quanto Cialente conservi la schiena dritta, pur muovendosi
abilmente in un ambiente scivoloso. Sente crescere l’ansia perché la
madre e il fratello sono in Italia e l’Ovra potrebbe far pagare loro la
sua attività. I suoi timori verranno confermati: Renato Cialente, più
grande di lei di qualche anno, attore di teatro e divo del cinema, viene
investito e ucciso a Roma, occupata dai nazisti, nel novembre del ’43. E
poi c’è il risvolto più privato. Dal marito Enrico Terni la dividono
vent’anni e la freddezza del loro rapporto emerge a tratti nelle parole
del diario (si separeranno dopo la guerra). Al Cairo Cialente s’innamora
di un capitano inglese, Albert Nacamuli, ma il loro rapporto non può
durare.
Le trasmissioni di Cialente s’interrompono qualche mese
prima del 25 luglio. Gli inglesi non hanno più bisogno della sua voce e
il fronte antifascista si divide. Nei quattro anni successivi Cialente
dirige il giornale Fronte Unito, che diventerà Il Mattino della domenica
a guerra finita. La lunga parentesi egiziana di Cialente si chiude. Non
l’attività politica, né quella giornalistica.
Va a vivere a Roma,
prende a scrivere per l’Unità e per Noi donne. Ma torna anche
scrittrice. Radio Cairo resta una pietra miliare, ma nascosta, della sua
memoria.