Repubblica 14.5.18
A Porto Ercole
Il museo di Caravaggio senza le sue opere (e a spese nostre)
Per realizzarlo il Comune di Monte
Argentario spenderà più di un milione, pari al 5% del suo intero budget
Ma vi saranno esposte solo riproduzioni E tra gli abitanti monta la protesta
di Sergio Rizzo
Ecco
il primo museo al mondo dedicato a un genio dell’arte figurativa senza
che dentro ci sia una sola opera del medesimo. Non un quadro, non un
bozzetto, non una pennellata.
Se volete vedere i capolavori di
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, potete andare alla chiesa di
San Luigi dei Francesi, a Roma. Oppure agli Uffizi di Firenze. O ancora a
Palermo, Cremona, Genova, Siracusa, Messina, Milano, Napoli. Magari a
Parigi, New York, Dublino, Madrid e Berlino. E perfino a Malta. Di
sicuro, non al nascente museo Caravaggio di Porto Ercole, dove saranno
esposte soltanto riproduzioni su pvc o su tela. Ma in altissima
definizione, assicurano gli ideatori: anche se, per quanto alta sia,
facciamo davvero fatica a immaginare masse di visitatori che sgomitano
per ammirare una collezione di stampe.
La cosa avrebbe tutta
l’aria di una simpatica burla se non fosse per due particolari. Il primo
è che quel museo lo stanno costruendo sul serio al posto di un vecchio
asilo cadente e in cima a una collina: non per la stravaganza di qualche
privato appassionato di Caravaggio, bensì per iniziativa
dell’amministrazione comunale e dunque con soldi pubblici. Per l’intera
operazione, come ha già raccontato Il Tirreno, si stima un investimento
di un milione e 250 mila euro dei contribuenti.
Somma equivalente a
oltre il 5% dell’intero budget di spesa per il 2018 del Comune di Monte
Argentario che totalizza, secondo il bilancio di previsione, 23 milioni
e mezzo. Con il dettaglio aggiuntivo che tutto questo avviene a ridosso
di elezioni comunali alle quali, non potendosi ricandidare Cerulli per
il terzo mandato consecutivo, corre la sua vice Priscilla Schiano.
Il
secondo particolare è che la supervisione del progetto è stata affidata
a un mostro sacro della storia dell’arte: Claudio Strinati, uno dei
massimi esperti del Caravaggio. E francamente non riusciamo a
comprendere le ragioni scientifiche che abbiano convinto uno studioso
del suo calibro a farsi coinvolgere nell’allestimento di un museo di
stampe. Di sicuro Strinati non può ignorare lo stravagante precedente
nel quale la stessa amministrazione comunale guidata dal sindaco Arturo
Cerulli, ingegnere nucleare passato dalle schiere comuniste a Forza
Italia, si era già cimentata con impegno. Episodio che vale la pena
ripercorrere per ben inquadrare lo scenario nel quale si inserisce
questa nuova costosa stravaganza.
Corre l’anno 2009: il quarto
centenario della morte di Merisi è ormai alle porte e Silvano Vinceti
decide che il momento è propizio per portare alla luce quel che rimane
del grande pittore lombardo. Il personaggio ha già fatto parlare di sé. È
stato fra i fondatori dei Verdi, impegnandosi nel referendum
antinucleare del 1987. In seguito, informano le cronache, si è distinto
nella ricerca delle spoglie mortali di Matteo Maria Boiardo, Petrarca,
Poliziano… L’idea di trovare le ossa di Caravaggio viene accolta con
encomiabile entusiasmo dal sindaco di Monte Argentario, che ovviamente
non si oppone alla riesumazione di alcuni resti umani dal contenuto
indistinto di un ossario a Porto Ercole. Quelli presumibilmente più
antichi li mandano a un centro specializzato di Ravenna per un confronto
con il dna prelevato a certi Merisi residenti a Caravaggio. L’esame dà
una corrispondenza dell’85 per cento con alcuni frammenti ossei e tanto
basta perché questi vengano ritenuti con certezza assoluta appartenenti
al corpo del genio. Dopo un braccio di ferro con la Lega, che pretendeva
la tumulazione (!) a Milano (!!) dei frammenti organici
avventurosamente attribuiti al Merisi autentico, quel pugno di povere
ossa viene traslato con tutti gli onori a Cala Galera, per essere
imbarcato in una teca di vetro sul brigantino Barbarossa di Cesare
Previti. Ad accogliere sulla banchina di Porto Ercole il singolare
feretro, caravaggesco all’85 per cento, oltre ai sindaci di Monte
Argentario e Caravaggio c’è anche Mauro Cutrufo, vice sindaco della
giunta di Roma allora guidata da Gianni Alemanno. Ma il trionfale sbarco
non è che l’inizio di questa storia.
Perché ora si tratta di dare
degna sepoltura a resti tanto illustri: e cosa, meglio di un parco
funerario all’aperto, che potrebbe magari attirare anche un po’ di
turisti? Di fronte a tale allettante prospettiva non sarebbe giusto
badare a spese, ed ecco uno stanziamento di 40 mila euro per la
sistemazione dell’area e altri 65 mila per la tomba. E che tomba: uno
scatolone di cemento su cui c’è scritto “Caravaggio” (che com’è noto non
è il nome di Michelangelo Merisi che nacque a Milano da genitori
originari di Caravaggio, paese del Bergamasco), con una feritoia che
consente, appoggiandovi l’occhio, di godere del tristo spettacolo delle
ossa del Maestro. Come ciliegina sulla macabra torta, una riproduzione
metallica della famosa “cesta di frutta” piazzata sopra lo scatolone.
Archiviata l’operazione ossa di Caravaggio, Vinceti ha promesso di dare
la caccia ai resti di Monna Lisa e Antonello Da Messina. Mentre
all’operazione del museo si sono già opposti alcuni cittadini, i quali
minacciano una guerra a colpi di carte bollate contro la realizzazione
di quello che considerano un inutile piccolo ecomostro. Ma al netto
delle rimostranze locali e dell’esito che potranno avere gli eventuali
ricorsi, che in un Paese dove i beni culturali cadono a pezzi perché non
c’è un euro in cassa i soldi pubblici vengono spesi così lascia davvero
senza parole.