martedì 8 maggio 2018

l’espresso 6.5.18
Voci dal palazzo
Di Susanna Turco
All’asta l’Unità, ma chi la vuole?


«Toc toc, c’è qualcuno là fuori?». In risposta, il silenzio. Ecco, a proposito di evoluzioni, sparizioni, e destini della sinistra: nel silenzio totale del Partito democratico - un periodaccio, bisogna riconoscerlo - sta per essere messa all’asta l’Unità. Per la vendita dello storico giornale fondato da Antonio Gramsci, e chiuso da quasi un anno, manca solo un passaggio: si aspetta che il tecnico incaricato a fine aprile dal Tribunale di Roma depositi la perizia. Poi il giudice procederà. La società editrice del giornale, che fa capo al costruttore Pessina (rilevò il quotidiano nel 2015, epoca di pieno trionfo renziano), si è rifiutata di liquidare ai giornalisti e ai poligrafici licenziati gli stipendi arretrati: inutili le pressioni e le ingiunzioni di pagamento del Tribunale. Così, a dicembre 2017 è stata pignorata la testata. Quindi, in aprile, è partita la procedura per la messa in vendita. Ma i tempi sono strettissimi: poco più di un mese - come rivela il sito Strisciarossa.it. A giugno, infatti, passato un anno dallo stop alle pubblicazioni, in base alla legge sulla stampa decadrà l’efficacia della testata: chiunque potrà registrarne una nuova, chiamata l’Unità. Di qui, alcuni timidi appelli di ex giornalisti, in stile particella di sodio (toc toc, c’è qualcuno la fuori?) affinché qualcuno si incarichi dell’impresa ed eviti «che la testata finisca in mano al primo che passa».
Ps: fuori dai giochi è già rimasto l’archivio storico dell’Unità, un patrimonio che va dal febbraio 1924 al 2017. Oscurato online già dai tempi della chiusura, resta a disposizione dell’editore, non si sa bene perché.