l’espresso 6.5.18
Voci dal palazzo
Di Susanna Turco
All’asta l’Unità, ma chi la vuole?
«Toc
toc, c’è qualcuno là fuori?». In risposta, il silenzio. Ecco, a
proposito di evoluzioni, sparizioni, e destini della sinistra: nel
silenzio totale del Partito democratico - un periodaccio, bisogna
riconoscerlo - sta per essere messa all’asta l’Unità. Per la vendita
dello storico giornale fondato da Antonio Gramsci, e chiuso da quasi un
anno, manca solo un passaggio: si aspetta che il tecnico incaricato a
fine aprile dal Tribunale di Roma depositi la perizia. Poi il giudice
procederà. La società editrice del giornale, che fa capo al costruttore
Pessina (rilevò il quotidiano nel 2015, epoca di pieno trionfo
renziano), si è rifiutata di liquidare ai giornalisti e ai poligrafici
licenziati gli stipendi arretrati: inutili le pressioni e le ingiunzioni
di pagamento del Tribunale. Così, a dicembre 2017 è stata pignorata la
testata. Quindi, in aprile, è partita la procedura per la messa in
vendita. Ma i tempi sono strettissimi: poco più di un mese - come rivela
il sito Strisciarossa.it. A giugno, infatti, passato un anno dallo stop
alle pubblicazioni, in base alla legge sulla stampa decadrà l’efficacia
della testata: chiunque potrà registrarne una nuova, chiamata l’Unità.
Di qui, alcuni timidi appelli di ex giornalisti, in stile particella di
sodio (toc toc, c’è qualcuno la fuori?) affinché qualcuno si incarichi
dell’impresa ed eviti «che la testata finisca in mano al primo che
passa».
Ps: fuori dai giochi è già rimasto l’archivio storico
dell’Unità, un patrimonio che va dal febbraio 1924 al 2017. Oscurato
online già dai tempi della chiusura, resta a disposizione dell’editore,
non si sa bene perché.