La Stampa Tuttosalute 22.5.18
Perché non capiamo gli adolescenti
Un cervello che si trasforma, ma si può guidare
di Stefano Massarelli
Lunatici
e impulsivi, irrispettosi degli adulti, che a loro volta li additano
come ingestibili, perfino pericolosi. Eppure gli adolescenti di oggi non
sono così diversi da quelli di ieri. «Amano il lusso, hanno cattive
maniere, disprezzano l’autorità», scriveva Socrate più di 2 mila anni
fa. Oggi, però, conosciamo le cause di alcuni loro comportamenti
anomali, dovuti alle metamorfosi del loro cervello.
«Credevamo che
si sviluppasse solo nella fase dell’infanzia, ma le ricerche hanno
confermato che il cervello continua a svilupparsi nel periodo
dell’adolescenza e fino a 20-30 anni», spiega Sarah-Jayne Blakemore,
neuroscienziata allo University College di Londra, autrice di «Inventare
se stessi» (Bollati Boringhieri). Un saggio che scandaglia i processi
evolutivi dei ragazzi e delle ragazze per educarli al meglio e liberarne
la creatività e che allo stesso tempo suggerisce possibili strategie di
gestione. «Il cervello subisce profonde modificazioni sia in termini di
composizione sia di struttura. La materia bianca cresce, la materia
grigia diminuisce e vengono eliminate sinapsi superflue», aggiunge. Il
processo - definito «pruning» o «sfoltimento sinaptico» - ha un effetto
simile alla potatura delle piante: si rimuovono i «rami» più deboli per
rafforzare gli altri, consolidando le strutture che forgeranno il
cervello adulto.
A essere coinvolta è soprattutto la corteccia
pre-frontale mediale, una regione del cervello chiave nell’interazione
sociale e nella consapevolezza di sé guidata dagli altri: è per questo
che gli adolescenti risentono così fortemente del giudizio dei coetanei.
«Hanno un’alta propensione a essere influenzati dagli amici,
specialmente quando devono assumersi dei rischi», avverte Blakemore. E
se il giudizio altrui gioca un ruolo cardine in molti comportamenti
violenti e autodistruttivi, come il bullismo, il «binge drinking»
alcolico e la caduta nel consumo di droghe, tuttavia questo può essere
utilizzato anche come «leva» da genitori e insegnanti per invogliare a
seguire modelli corretti.
«Ci sono ricerche che hanno dimostrato
che educare i giovani sulle conseguenze negative del bullismo,
stimolandoli a ideare campagne di informazione contro i violenti,
favorisce una riduzione dei fenomeni di esclusione sociale». E risultati
simili si possono ottenere contro molti comportamenti devianti,
compresi quelli che favoriscono fumo e alcol. Ancora più importante,
alcuni studi dimostrano che gli adolescenti non sono tanto influenzati
dalla minaccia di punizioni quanto dalla promessa di ricompense,
specialmente se a breve. Per questo le campagne allarmistiche, come
quelle sul fumo che si concentrano sugli effetti dannosi a lungo
termine, hanno scarso effetto.
La tendenza a prendersi dei rischi
di fronte ai coetanei, inoltre, è un comportamento che non deve essere
sempre biasimato, perché contribuisce alla crescita. «Nello sviluppo e
nel corso della vita prendere qualche decisione azzardata è necessario -
sottolinea Blakemore -. In ambito scolastico può essere utile: alzare
la mano in classe, parlare in pubblico e partecipare a una discussione
accresce la fiducia in sé stessi». È anche attraverso queste «rischiose»
assunzioni di responsabilità che gli adolescenti diventano adulti.
«Sappiamo
che il cervello adolescente è malleabile e adattabile. Si tratta di un
periodo di plasticità neuronale relativamente alta, specialmente nelle
regioni coinvolte nella presa di decisioni e nella pianificazione»,
avverte la neuroscienziata. Queste nuove conoscenze, oltre a svelare i
perché di alcuni atteggiamenti, potrebbero cambiare l’insegnamento.
«Potremmo scoprire che esiste un’età ottimale in cui insegnare l’algebra
o il ragionamento astratto, tenendo conto dei cambiamenti fisiologici»,
sottolinea. Intanto le evidenze dimostrano che gli adolescenti sono
soggetti a uno spostamento dell’orologio biologico di due ore in avanti.
Significa che si sentono assonnati un paio d’ore più tardi di notte e
più stanchi al mattino di quanto percepiscano bambini e adulti. Una
scoperta che, secondo Blakemore, dovrebbe cambiare gli orari d’ingresso
nelle scuole. Così ci si adeguerebbe all’orologio interno degli
adolescenti.