La Stampa 8.5.18
Champagne di mattina punch e lavoro di notte: altro che veleno, così si logorò Mozart
Tradotta in italiano la prima biografia ufficiale: scritta dal secondo marito della vedova Costanze
di Sandro Cappelletto
«Secondo
l’uso corrente, il suo compenso per Le nozze di Figaro fu il guadagno
della terza rappresentazione, che dev’essere stato scarso, giacché
all’epoca l’opera piacque poco». Ma perché il capolavoro di Mozart al
debutto a Vienna non ebbe successo? Perché «il poeta italiano [Lorenzo
Da Ponte, ndr] non gli avrebbe dovuto presentare un libretto così
spregiudicato, intessuto di parecchie indecenze e scurrilità».
Chi
scrive è Georg Nikolaus Nissen, incaricato d’affari del re di
Danimarca, secondo marito di Costanze Weber vedova Mozart e autore della
prima biografia «ufficiale» di Wolfgang, ora finalmente tradotta in
italiano, a cura di Marco Murara (Zecchini editore, pp. 699, € 59).
Georg
e Costanze, rimasta vedova con due figli bambini, si conoscono nel
1797, sei anni dopo la morte di Mozart. Si sposano nel 1809 a
Bratislava: lei è cattolica, lui luterano, nella bigotta Vienna non
potevano essere celebrati matrimoni misti. Sospinto da Costanze, Nissen
consulta fonti, contatta musicisti che hanno conosciuto Mozart, può
contare su un dono inatteso: 400 lettere familiari che Nannerl, sorella
di Wolfgang, ormai anziana e cieca, gli fa recapitare e che nessuno
prima di lui aveva consultato.
È la spinta decisiva per proseguire
l’impresa, che non vedrà completata. Nissen muore nel 1826, Costanze si
affida allora a Johann Heinrich Feuerstein, un amico medico e
collezionista mozartiano. Il volume esce in edizione di lusso a Lipsia
nel 1829. Costanze, che ha sostenuto le ingenti spese della
pubblicazione, è felice: «Siano lode e grazie a Dio perché sono arrivata
a tanto». La memoria del geniale primo marito è preservata grazie al
devoto secondo.
È lei la vera autrice di un volume che, pur non
avendo l’andamento di una biografia scientifica, rimane imprescindibile
per il coacervo di notizie, episodi, documenti autentici, nel procedere
di una narrazione che unisce vita e opere? Costanze espunge le punte
polemiche. Scompaiono le lettere che documentano lo sgomento del padre
Leopold quando, nella primavera del 1781, a 25 anni, Wolfgang decide di
non tornare alla casa paterna a Salisburgo, di licenziarsi
dall’arcivescovo Colloredo che lo aveva assunto - gesto allora
inconcepibile per un musicista - e di cercare lavoro a Vienna come
libero professionista. E per giunta di sposarsi. Tuttavia,
nell’Introduzione, Nissen lascia trapelare le tensioni: «Il figlio non
era stato proprio contento della sua visita a Salisburgo nel 1783. Aveva
sperato che sua moglie avrebbe ricevuto alcuni dei doni risalenti alla
sua giovinezza, ma questo non accadde».
La «colpa» delle Nozze di
Figaro, opera tratta dalla commedia di Beaumarchais che negli anni di
Metternich e della Restaurazione veniva giudicata rivoluzionaria, è
attribuita alla spregiudicatezza di Da Ponte, mentre sappiamo che la
messa in scena fu voluta da Giuseppe II, imperatore illuminato che si
divertiva a provocare la sua stessa corte. Mentre rispetta la volontà di
Costanze di attribuire a Wolfgang l’intero Requiem, incompiuto a causa
della morte e terminato dagli allievi, Nissen riporta le considerazioni
di una breve biografia uscita nel 1803: «Si sa che mise spesso a
repentaglio la sua salute, che certe mattine tracannava champagne con
Schikaneder [attore e librettista del Flauto magico, ndr], che certe
notti beveva il punch e dopo mezzanotte tornava al lavoro, senza
accordare il minimo riposo al suo corpo». Altro che veleno e misteriosi
messaggeri di morte, di cui pure si racconta: «Le sue forze erano
logorate».
L’elogio più affettuoso per Nissen lo scrive Franz
Xaver, il secondo dei due tra i sei figli avuti da Wolfgang e Costanze
che sopravvivono, senza avere discendenti. A differenza del fratello
Carl Thomas, funzionario dell’amministrazione austriaca a Milano, Franz
Xaver diventa un apprezzato musicista. Da Leopoli, appresa la morte di
Nissen, scrive alla madre: «Egli era per tutti noi, e in particolare per
me, il mio migliore, il mio unico amico, il mio padre e il mio
benefattore sin dalla mia infanzia».
Marco Murara, di professione
notaio, completa così un trittico di traduzioni per il quale dobbiamo
essergli grati: prima tutti i testi tedeschi delle opere, poi l’impresa
gigantesca dell’epistolario integrale, ora questa biografia.