giovedì 24 maggio 2018

La Stampa 24.5.18
L’Irlanda divisa vota sull’aborto
Le donne e Dublino trascinano il “Sì”
di Francesca Lozito


Nelle strade del turismo e dello shopping del centro di Dublino sembra quasi una giornata come le altre. Ma basta spingersi verso il Trinity College per capire che l’Irlanda si prepara a una giornata storica, un cambiamento epocale che arriva tre anni dopo lo storico voto sul matrimonio omosessuale.
Domani tre milioni e duecentomila cittadini dovranno votare sull’abrogazione dell’ottavo emendamento della Costituzione, introdotto nel 1983, che considera il feto un cittadino con gli stessi diritti di una persona e impedisce l’interruzione di gravidanza volontaria in ogni sua forma.
Intorno al Trinity College le bacheche degli studenti sono tappezzate di manifesti di «Together for yes», insieme per il sì, la sigla che raccoglie i sostenitori della legalizzazione. Nei Docks, il quartiere portuale trasformato nell’area in cui hanno la loro sede i giganti del web, come Google e Facebook, è un pullulare di piccoli poster: «Scegli la compassione, vota Sì», «Non uccidere i bambini, vota No».
Il caso Google e Facebook
Qui la campagna è particolarmente intensa. Google e Facebook sono stati protagonisti nei giorni scorsi di due decisioni determinanti: la prima ha vietato qualsiasi forma di pubblicità elettorale sulla propria piattaforma, la seconda ha bloccato solo quelle che provengono dall’estero, in rispetto della legge irlandese che vieta ogni forma di finanziamento straniero alla politica. Quel giorno i sostenitori del no hanno convocato una conferenza stampa per spiegare che sarebbero stati penalizzati soprattutto loro perché già in svantaggio: «Un attacco all’integrità del referendum» lo ha definito Maria Steen di Iona Institute, think tank sui temi della famiglia.
L’ultimo sondaggio realizzato da Irish Times Ipsos il 17 maggio scorso vede il Sì in testa con il 44 per cento, il No al 32 per cento, un 17 per cento di indecisi e un 5 per cento di non votanti. Rispetto all’ultima rilevazione di fine aprile il Sì ha perso 10 punti. La campagna elettorale, dunque, si gioca su chi ancora non sa dove metterà la propria preferenza.
Per strada i «canvassers», i volontari, distribuiscono volantini. Lo ha fatto anche il «Taioseach», il primo ministro Leo Varadkar domenica scorsa a Tullamore, nel cuore dell’isola. Il suo partito, il liberale Fine Gael, ha lasciato libertà di voto, ma il governo con in testa il trentunenne ministro della Salute Simon Harris, che ha già presentato le linee della legge, da approvare una volta sancita la vittoria, è schierato tutto con la campagna «Together for yes».
Varadkar ha anche postato le ragioni della sua scelta in un video su Twitter che viaggia sulle 120.000 visualizzazioni: «L’ottavo emendamento era stato introdotto 35 anni fa pensando che avrebbe funzionato come forma di prevenzione dell’aborto – spiega – non è stato così perché ha costretto 200 mila donne ad andare in Gran Bretagna ad abortire. Inoltre, ogni giorno due o tre donne comprano pillole abortive illegali su Internet». Varadkar, medico, 40 anni, di origine indiana, e dichiaratamente gay spiega di aver cambiato idea sull’aborto (una delle critiche che gli viene mossa dai sostenitori del No, ndr) proprio quando nello scorso governo è stato ministro della Salute: «Ho conosciuto le storie tragiche di donne costrette ad abortire».
I due campi
Con lui per il sì è schierato tutto il mondo della cultura: dagli editorialisti dell’«Irish Times» Fintan O’Toole e Una Mullally ai big della musica, gli U2, Lisa Hannigan, Paul Noonan. Questi ultimi due hanno suonato al Wheelan’s, uno dei pub storici di Dublino, in una serata a sostegno di «Together for yes». John Connors, regista di «Cardboard gangsters», film che racconta la vita difficile della periferia dublinese di Darndale, cresciuto in un campo nomadi, ha espresso invece il suo No al referendum. Ed è stato subito oggetto di un attacco da parte di hater sia su Facebook che su Twitter.
Le contee in bilico
Decisivo per il risultato finale potrebbe essere il voto di Dublino e delle donne dei centri urbani, in larga maggioranza pro-abolizione. Mentre nelle aree rurali - ma anche in una parte della fascia generazionale dell’elettorato più giovane, attorno ai 20 anni - si segnala un consistente zoccolo duro anti-abortista.
Il Donegal è una delle contee in cui potrebbe vincere il no. Qui uno degli attivisti pro life è Declan Mc Guinness, fratello del leader di Sinn Féin Martin morto lo scorso anno. C’é poi l’incognita della contea di Rosscommon che nel 2015 fu l’unica a votare No per il matrimonio gay.
Per il sì fin dall’inizio della campagna per l’abrogazione (iniziata dopo la morte di Savita Halappanavar, la 31enne dentista che nel 2013 morì a seguito di una infezione contratta durante la gravidanza), è Amnesty Ireland. Per Colm O’Gorman, il suo presidente, «l’idea che i diritti del bambino abbiano inizio nel grembo materno non è prevista in nessuna legge internazionale. Legalizzare l’aborto in Irlanda è una questione di diritti umani».