martedì 22 maggio 2018

La Stampa 22.5.18
La formazione nel “tempio” del cattolicesimo democratico
Giuseppe Conte ha frequentato, da studente universitario, Villa Nazareth e nei decenni successivi ha continuato a essere legato a quello che è universalmente noto come il tempio del cattolicesimo democratico italiano e come la culla del Concilio Vaticano II
di Fabio Martini


Resta ancora un personaggio impalpabile, ma dalla cortina di riservatezza che per otto giorni il professor Giuseppe Conte ha voluto mantenere sulla sua persona, cominciano a trapelare frammenti di vita che raccontano un personaggio più ricco e meno scontato di quello tratteggiato dalle prime biografie. Uno su tutti: Giuseppe Conte ha frequentato, da studente universitario, Villa Nazareth e nei decenni successivi ha continuato a essere legato a quello che è universalmente noto come il tempio del cattolicesimo democratico italiano e come la culla del Concilio Vaticano II. In tanti anni a Villa Nazareth sono passati, come docenti o come ospiti, personaggi come Sergio Mattarella, Aldo Moro, Romano Prodi, Oscar Luigi Scalfaro. E Papi diversi tra loro, come Giovanni Paolo II e Francesco, vi hanno fatto visita, riconoscendone il ruolo formativo.
La vicinanza a Villa Nazareth delinea meglio - senza esaurirla - la personalità di un personaggio come il professor Conte, che per ora si è limitato ad autodefinirsi in modo generico: «Il mio cuore tradizionalmente batte a sinistra». Certo, la frequentazione di Villa Nazareth non esaurisce l’orizzonte culturale del premier in pectore, ma come spiega il professor Carlo Felice Casula, che guida il Comitato scientifico di Villa Nazareth «Giuseppe Conte fa parte del Comitato e continua a darci il suo contributo, a livello nazionale e internazionale. È stato molto attivo quando abbiamo stretto rapporti con alcune Università negli Stati Uniti e in quella occasione tra l’altro, ci è stato d’aiuto il suo perfetto uso della lingua inglese».
Certo, in questi giorni la faticosa, inedita procedura che ha portato alla scelta di un presidente del Consiglio di mediazione ha portato i media a sintetizzare: il professor Conte sarà un portavoce, un notaio, un mero esecutore delle decisioni altrui. Proprio per ribaltare questa lettura, ieri sera Luigi Di Maio ha proposto un identikit molto profilato: «Molti immaginano Conte come una persona mite, ma è davvero tosto. Dovunque è andato ha fatto danni all’establishment, perché si è opposto a determinate ingiustizie. Ci ha sempre aiutato, è stato un po’ un “angelo custode” del M5S nei momenti importanti».
Ritratto di comodo? Una risposta si può trovare proprio negli anni di formazione a Villa Nazareth, che sono anche gli anni della giovinezza, quelli che di solito contribuiscono a forgiare la personalità. Il primo dato: a partire dai primi anni del secondo dopoguerra Villa Nazareth ospita nel suo collegio i ragazzi dal reddito basso e meritevoli. Negli anni nei quali il giovane Conte, proveniente da un paesino del Foggiano, frequentava questa struttura, il direttore si chiamava Pietro Parolin, futuro Segretario di Stato con Papa Francesco, mentre allora il grande «regista» era Achille Silvestrini, che fu il braccio destro di Agostino Casaroli, il segretario di Stato protagonista dell’«Ostpolitik», la politica di distensione verso i regimi dell’Est. Quelli di Conte erano gli anni nei quali a Villa Nazareth passavano personaggi carismatici del cattolicesimo democratico come Leopoldo Elia, Pietro Scoppola, Paolo Prodi ma anche uomini di spettacolo come Federico Fellini e Vittorio Gassman, sia pure in una versione più spirituale. Dal collegio usciva una parte della classe dirigente cattolica e alcuni dei quadri più preparati della Chiesa italiana, futuri cardinali, nunzi, vescovi.
Ma al netto della formazione iniziale e dell’imprinting formativo, è interessante il ritratto di Giuseppe Conte che propone un collega che lo conosce bene come il professor Casula: «Non mi fa velo l’amicizia se dico che Conte è un docente molto preparato, come documenta la sua produzione scientifica. È un credente con una sua sensibilità religiosa, dotato di una forte sensibilità sociale». Ma per un uomo di 54 anni, che non ha mai fatto politica, non ha mai gestito o amministrato, quali caratteristiche del suo profilo personale potrebbero aiutarlo in una sfida per lui sconosciuta come la guida del Paese? «Per il compito politico che lo attende, potrebbero giovargli alcune sue proverbiali qualità: non è aggressivo, ma dialogante, non è un esibizionista e non ama il decisionismo fine a se stesso, nella convinzione che ogni decisione deve essere il risultato di un dialogo».